Società

Messina (Intesa): “Nessun regalo da Stato, senza di noi perdite enormi”

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Carlo Messina, a.d. di IntesaSanPaolo, non ci sta e a chi avanza dubbi sull’operazione delle cessione di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca all’istituto di credito da lui guidato risponde a tono, specificando che non c’è stato “Nessun regalo dallo stato”, anzi.

“La nostra banca non ha chiesto di comprare le attività delle venete, ma è arrivata a questa operazione dopo essere stata chiamata dall’advisor del Tesoro a partecipare a un’asta. A quell’asta si sono presentate altre primarie banche internazionali” ha detto in un’intervista a Repubblica.

Messina difende a spada tratta l’operazione che l’ha vista protagonista del salvataggio delle due banche venete, sottolineando senza l’intervento della banca lo Stato avrebbe dovuto sopportare  costi maggiori.:

“Corsa agli sportelli delle banche venete, con effetto domino su altri istituti. Necessita’ di rimborsare i correntisti sotto i 100 mila euro con il Fondo interbancario obbligatorio che avrebbe dovuto trovare 12,5 miliardi in tutta” sono alcuni degli scenari delineati da Messina, che aggiunge:

“In questi ultimi mesi le due banche venete hanno avuto bisogno di interventi sostanziosi a sostegno della loro liquidità: si tratta di 10 miliardi di titoli emessi dalle banche, collocati presso investitori istituzionali e garantiti integralmente dallo Stato”, spiega Messina. “Ecco, se oggi quelle banche fossero fallite i 10 miliardi di garanzie pubbliche sarebbero andati a coprire le perdite di chi aveva i titoli. E si sarebbe trattato di 10 miliardi di soldi pubblici in fumo. Un po’ più di quei 5 miliardi che lo Stato versa adesso, con un conto approssimativo”.

Parlando invece dei 17 miliardi citati da Padoan come spesa possibile, il numero uno dell’istituto puntualizza come il ministro abbia parlato di “ipotetico impegno massimo”, e “perché si configuri questo quadro bisognerebbe pensare che ci sia un recupero pari a zero su 10 miliardi di sofferenze, incagli e crediti ad alto rischio”. Si è trattato quindi “dell’unica operazione possibile – conclude Messina – lo scenario alternativo di un fallimento sarebbe stato gravissimo per lo Stato”.