Economia

L’Ue mette al bando auto a diesel e benzina, a partire dal 2035. Anfia: “a rischio 70 mila posti di lavoro”

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L’Unione europea mette al bando le vendite auto con motore a combustione a diesel e benzina. Dal 2035, ha deciso ieri la plenaria del Parlamento europeo su proposta della Commissione europea, sarà obbligatoria l’immissione sul mercato Ue di auto e furgoni nuovi a zero emissioni. Il che decreta sostanzialmente la fine dei veicoli a combustione interna.

Lo stop alle vetture endotermiche si inserisce nel pacchetto di riforme climatiche Fit for 55, presentato dall’esecutivo Ue lo scorso luglio con l’obiettivo di ridurre le emissioni totali di CO2 dell’economia europea del 55% – rispetto al 1990 – entro il 2030, per poi puntare alla totale neutralità climatica nel 2050, come previsto dal Green Deal europeo.

Il testo farà ora da base negoziale per le trattative che il Parlamento deve condurre con il Consiglio e la Commissione, riuniti nel cosiddetto trilogo per strappare un accordo finale sul provvedimento.

Lo stop delle auto inquinanti solleva forti critiche in Italia

E’ quasi generale l’alzata di scudi in Italia contro la decisione di Bruxelles. Protestano l‘Anfia (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica), gli industriali, il mondo politico, mentre i sindacati chiedono l’apertura del confronto sulla transizione. Unica voce fuori dal coro è quella della Cgil Piemonte, che considera la decisione europea “un’opportunità da sfruttare”.

“Sono 70.000 i posti di lavoro a rischio nell’industria automotive, legata alla produzione di componenti che non serviranno per l’elettrico”, sottolinea dell’Anfia. “L’elettrico a oggi non è in grado di compensare la perdita di posti di lavoro, non basta costruire colonnine di ricarica o altri componenti. Servono piuttosto azioni per portare in Italia pezzi di filiera legati alla produzione di batterie per le auto elettriche”, spiega il direttore dell’associazione Gianmarco Giorda.

Anche l’Acea, l’associazione europea dei produttori di automobili esprime preoccupazione per il voto del Parlamento europeo perché “la trasformazione del settore dipende da molti fattori esterni che non sono completamente nelle sue mani” e “data la volatilità e l’incertezza che stiamo vivendo giorno per giorno a livello globale, qualsiasi regolamentazione a lungo termine che vada oltre questo decennio è prematura in questa fase iniziale. Al contrario, è necessaria una revisione trasparente a metà strada per definire gli obiettivi post-2030”. L’associazione esorta quindi gli eurodeputati e i ministri dell’Ue a “considerare tutte le incertezze che il settore deve affrontare, mentre si prepara a una massiccia trasformazione industriale”.

“E’ una soluzione molto ideologica e poco realistica”, commenta da parte sua il viceministro allo Sviluppo Economico, Gilberto Pichetto. “E’ difficile immaginare – osserva – come sarà il 2035. Continuo a non immaginare il Gran Premio di Monza senza il rombo del motore delle auto in pista. Bisognava ridurre le emissioni in modo graduale tenendo conto della realtà che stiamo vivendo”.

Sindacati chiedono al governo di aprire un confronto

I sindacati intanto chiedono al governo di aprire un confronto. Il segretario nazionale della Fim, Ferdinando Uliano, sollecita “l’immediata convocazione del tavolo ministeriale dell’automotive”.

“E’ fondamentale – spiega – non perdere ulteriore tempo davanti a una transizione epocale che mette a rischio, se non governata, oltre 75 mila posti di lavoro nel nostro Paese”.

Anche Simone Marinelli, coordinatore nazionale automotive per la Fiom-Cgil, chiede che “parta subito con il confronto tra governo, sindacati e imprese. Il silenzio del Governo è ormai insostenibile”.