(Teleborsa) – Occhi puntati oggi sull’inizio dei meeting a Washington di Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale. Al centro dei colloqui infatti ci saranno i rischi di una guerra valutaria e commerciale, paventati in questi giorni dai numeri uno di FMI e Banca Mondiale. Il Fondo in particolare gioca un ruolo di mediatore nel facilitare il dialogo fra le parti in materia valutaria. Il direttore generale del FMI, Strauss-Kahn, ha manifestato la propria preoccupazione per la mancanza di cooperazione internazionale in questo momento difficile per l’economia globale. Il capo del Fondo ha avvertito che i paesi a rischio mettono sotto pressione la ripresa economica globale se usano le loro monete per cercare di stimolare la crescita interna. Si sta rischiando l’esplosione di una “guerra valutaria”. “Inizia a circolare l’idea che le valute possono essere usate come arma politica” ha detto Strauss-Kahn aggiungendo che “tradotto in azioni, una simile idea potrebbe rappresentare un rischio molto grave per la ripresa globale … Un approccio del genere avrebbe un impatto negativo e molto dannoso nel lungo periodo”. Il segretario Usa al Tesoro, Tim Geithner, ha chiesto ai vertici del FMI, maggiore aggressività sulla questione delle valute. Se i Paesi in via di sviluppo vogliono contare di più in queste organizzazioni, devono permettere che le loro valute riflettano cambi reali e un orientamento di libero mercato. Più esplicito Strauss Kahn, secondo cui la Cina deve accelerare l’apprezzamento dello yuan. “Le politiche avviate dalla Cina contro la crisi vanno nella giusta direzione, ma la sottovalutazione dello yuan é’ una fonte di tensione che rischia di trasformarsi in una minaccia. Per evitare di creare le condizioni di una nuova crisi, esorta Kahn, la Cina acceleri il processo di apprezzamento”. Anche il Presidente della Bce, Trichet, si è pronunciato ieri su tale questione dicendo che Pechino deve tener fede al suo impegno di rendere più flessibile il cambio della propria moneta. Ieri Strauss-Kahn nel tracciare il quadro dell’economia globale, ha parlato di una “ripresa che procede ma é fragile”, ritenendo poco probabile una ricaduta in recessione delle economie. Il direttore generale del Fondo ha ribadito che le possibilità che l’economia scivoli in recessione sono limitate ma soprattutto che “la crisi non è finita fin quando l’occupazione non riparte: la crescita da sola non basta, ci vuole un calo della disoccupazione”.
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