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LA GERMANIETTA VUOLE UN EURO DEBOLE

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Il cancelliere Gerhard Schroeder in una intervista al Financial Times attacca la politica del governatore della Banca centrale europea Wim Duisenberg, accusandolo con un giro di frasi, anche di scarsa intelligenza. La colpa di Duisenberg starebbe nel fatto che l’euro ha un cambio col dollaro troppo forte (attualmente di 1,13). E ciò danneggia la competitività dell’industria europea.

Duisenberg, prima che Schroeder desse la sua intervista, aveva dichiarato che la Bce non aveva abbassato il tasso dal 2%, ritenendolo adeguato, anche dal punto di vista del costo del finanziamento degli investimenti e aveva incitato i governi a dare fiducia agli operatori economici, mediante le riforme.

Dal tempo di Oskar Lafontaine, ministro delle Finanze nel periodo iniziale del primo cancellierato Schroeder, non c’era mai stato un attacco così aspro del governo tedesco alla Banca centrale. Allora, il diverbio, considerato come inopportuna interferenza, costò il posto a Lafontaine. Esso verteva, comunque, sul costo del denaro, in relazione alle esigenze degli investimenti privati e pubblici: un tema, che preme a tutti i ministri finanziari, per lo sviluppo economico.

Ora Schroeder non chiede un ribasso di tassi per stimolare, in modo diretto, la ripresa economica. Lo chiede per generare un deprezzamento della moneta europea con il dollaro: e quindi stimolare l’economia, indirettamente, tramite la maggior competitività delle esportazioni. La Germania ante Schroeder era fiera del marco forte. Aveva basato la propria presenza sui mercati internazionali sulla capacità di produrre ed esportare prodotti apprezzati, a prezzi competitivi, senza bisogno delle periodiche svalutazioni monetarie, cui erano costretti invece paesi di più recente industrializzazione come l’Italia e talora anche paesi di consolidato capitalismo come la Gran Bretagna e la Francia.

Ora non è l’Italia che chiede la svalutazione dell’euro. E’ la Germania, un tempo orgogliosa del marco, che volle le austere regole di Maastricht, affinché l’euro fosse altrettanto forte. E lo fa non per bocca di un ministro delle Finanze eterodosso, ma del suo cancelliere, che non ne prova imbarazzo.

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