Economia

La Cina non è più l’Eldorado delle imprese europee: “sempre più difficile fare profitti”

La Cina non è più l’Eldorado delle imprese europee, sempre più preoccupate dalla difficoltà di fare profitti nel Paese a causa del rallentamento della crescita e da un eccesso di capacità produttiva. È quanto emerso dall’ultimo sondaggio pubblicato venerdì dalla Camera di Commercio dell’Unione Europea in Cina, condotto tra 529 imprese tra la metà gennaio a inizio febbraio. Nella metropoli di Shanghai, la situazione si complica a causa di ritardi nei pagamenti. Solo il 30% degli intervistati della Camera dell’UE ha dichiarato che i margini di profitto in Cina sono superiori alla media mondiale della loro azienda – un minimo da otto anni a questa parte.

Le cause della debolezza cinese

Negli ultimi anni, la crescita della Cina ha segnato un rallentamento in parte riconducibile alle tensioni geopolitiche (soprattutto con gli Stati Uniti), e al crollo del settore immobiliare. Ma quello che preoccupa gli intervistati riguarda la durata di questa crisi.

Presentando il sondaggio, il ​​presidente della Camera di Commercio dell’Unione Europea in Cina, Jens Eskelund.

“Ciò che sta accadendo ora è che le aziende stanno iniziando a rendersi conto che alcune di queste pressioni… stanno assumendo una natura forse più permanente”. “Per le aziende straniere non è importante tanto il dato del PIL, ma la sua composizione”, ha affermato. “Se il PIL cresce perché si investe di più nella capacità produttiva, questo non è positivo per le aziende straniere. Ma se il PIL cresce perché cresce la domanda interna, allora è una buona cosa”.

Eccesso di capacità produttiva

C’è poi un altro aspetto rilevante della questione: l’enfasi della Cina sull’industria manifatturiera, unita a una modesta domanda interna, ha portato a crescenti preoccupazioni a livello globale sul fatto che la sovrapproduzione possa ridurre i margini di profitto.

Più di un terzo degli intervistati dalla Camera dell’UE ha dichiarato di aver osservato un eccesso di capacità produttiva nel proprio settore nell’ultimo anno e un altro 10% prevede di vederla nel prossimo futuro. Un fenomeno particolarmente rilevante nell’ingegneria civile, nell’edilizia e nell’industria automobilistica.

Oltre il 70% degli intervistati ha dichiarato che la sovracapacità nel proprio settore ha provocato un calo dei prezzi.

“Non sono solo le aziende europee a lamentarsi”, ha spiegato Eskelund. “È una situazione altrettanto, se non più, dolorosa per le aziende cinesi”.

Apertura del mercato in alcuni settori

Mentre la crisi continua a mettere alle strette le imprese, le autorità cinesi hanno intensificato gli sforzi ad alto livello per aprire l’economia e attirare gli investimenti stranieri.

Si pensi per esempio alla recente politica di Pechino di esenzione dal visto per diversi Paesi dell’UE, che permette ai dirigenti di pianificare i viaggi in Cina con una settimana di anticipo, invece dei due o tre mesi precedenti. Non meno importanti, le estensioni delle politiche di esenzione fiscale da parte di Pechino, che ha finito per incoraggiare un maggior numero di dipendenti internazionali e le loro famiglie a rimanere in Cina.

Ma questo non sembra bastare. Tra le aziende si registra uno scetticismo senza precedenti. In particolare, l’ultima indagine della Camera ha rilevato che un numero storicamente elevato di intervistati che:

  • si dice scettico sul proprio potenziale di crescita in Cina nei prossimi due anni;
  • prevede un’intensificazione della pressione competitiva;
  • dubita della propria redditività in Cina;
  • prevede di tagliare i costi quest’anno, principalmente riducendo l’organico e tagliando i budget per il marketing;
  • ha dichiarato di aver perso opportunità in Cina a causa di ostacoli normativi, la cui entità è stata pari a oltre la metà del loro fatturato annuale

“Se si fa un confronto con gli anni precedenti, si può notare che molte delle preoccupazioni sono rimaste invariate per quanto riguarda l’ambiente normativo”, ha dichiarato Eskelund. “Queste preoccupazioni rimangono più o meno le stesse”. “Ciò che sta accadendo ora è che le aziende stanno iniziando a rendersi conto che alcune delle pressioni che abbiamo visto nel mercato locale, sia che si tratti di concorrenza, sia che si tratti di una domanda più bassa, stanno assumendo una natura forse più permanente”, ha affermato. “Questo sta iniziando a influenzare le decisioni di investimento e il modo in cui si pensa allo sviluppo del mercato locale”.