Società

LA BORSA NON SI ADDICE

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(WSI) – Siamo sicuri che la Consob, l’Autorità di controllo delle società e la Borsa, ha deciso correttamente, nel rispetto delle leggi vigenti, di sollevare gli azionisti di Rcs Media Group, società che pubblica il Corriere della Sera, dall’obbligo di lanciare un’offerta pubblica di acquisto sull’intero capitale, dopo il recente allargamento del patto che controlla il gruppo?
Non ci possono essere dubbi sulla professionalità e il rispetto delle norme della commissione guidata da Lamberto Cardia.

Eppure una domanda ci sovviene, anche in questa occasione come in altre: perchè mai a certi azionisti che si chiamano Fiat, Generali, Pirelli, Mediobanca, e adesso anche Della Valle, Ligresti, Merloni e Capitalia va sempre tutto bene e, invece, gli altri azionisti di minoranza, il «parco buoi», devono sempre patire trattamenti indecorosi?

Oggi la Consob ci spiega che il cambiamento del patto di sindacato della Rcs, con l’ingresso di Della Valle, Merloni, Capitalia, Ligresti (una bella novità questa: Ligresti, recordman delle tangenti, è diventato l’editore dei terzisti), non comporta alcun obbligo di Opa, un’operazione che spalmerebbe i benefici degli azionisti di maggioranza anche sulle minoranze, ed è giusto che il rafforzamento del patto avvenga senza ulteriori esborsi da parte di questi signori.

Certo, il giudizio deve essere stato scritto in punta di diritto. Ma, forse per una vecchia abitudine, siamo abituati a confrontare la legislazione formale con le conseguenze sostanziali della sua applicazione. E allora qualche problema davvero esiste: perchè gli azionisti di comando della Rcs hanno pagato le azioni di Cesare Romiti, che sedeva nel patto, il 30% in più delle quotazioni di mercato in occasione della recente transazione tra i grandi azionisti?

Forse perchè Romiti è un potente, o un ex potente, e doveva essere liquidato con un premio adeguato, fosse anche un terzo in più del valore di mercato delle azioni in quel momento, mentre il povero socio di minoranza non vale niente, al massimo può essere spremuto quando le aziende hanno bisogno di capitali? Questa questione dovrebbe suscitare qualche curiosità non solo tra i bastonati azionisti di minoranza, ma anche tra i formidabili professionisti che siedono nei consigli di amministrazione di imprese prestigiose.

Qualcuno all’assemblea dei soci della Pirelli dovrebbe chiedere al dottor Tronchetti Provera perchè mai ha pagato le azioni Rcs di Romiti il 30% in più del loro valore. Se voleva arrotondare la partecipazione nel Corriere della Sera poteva andarsele a comprare in Borsa, risparmiando una bella cifra. E così dovrebbe accadere alle Generali, al professor ulivista Nanni Bazoli, a Mediobanca. Non succederà niente.

I signori della Rcs non faranno l’opa, così come Ligresti non ha fatto l’opa quando con la Sai ha preso il controllo della Fondiaria, così come Tronchetti Provera può permettersi di fare il presidente di Telecom, di nominare i vertici, di delineare le strategie del gruppo rivendicando poi il fatto che lui non è l’azionista di controllo.

Questo è il capitalismo all’italiana. Se i padroni del Corriere della Sera, la culla della borghesia imprenditoriale del Paese, fossero dei capitalisti con un po’ di dignità farebbero un’offerta pubblica sull’intero capitale e toglierebbero il giornale dalla Borsa. Invece non lo faranno e il Corriere continuerà a fare le prediche sui valori del mercato.

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