Economia

L’Europa fa meno paura. Tornano gli investitori americani

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New York – L’Europa in crisi naviga ancora a vista. Eppure qualcosa si muove. Gli investitori americani tornano a mettere una fiche qui. I grandi fondi statunitensi hanno aumentato la loro esposizione verso le banche della zona euro, lanciando un chiaro segnale di fiducia su quello che sperano arrivi presto: il ritorno di stabilità nell’Unione monetaria europea.

Sono stati gli analisti dell’agenzia di rating Fitch a tracciare un quadro senza sbavature: a fine settembre l’esposizione degli investitori d’America era più alta del 16% rispetto ad agosto.

Ad aver giocato a favore è stato l’impegno del presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, quando lo scorso luglio si è detto pronto a fare tutto il possibile per preservare l’integrità della moneta unica (agendo poi concretamente con il lancio del programma illimitato di acquisto di bond, a inizi settembre). A migliorare il clima è arrivata anche l’indicazione che risale ad appena sette giorni fa. da parte dell’Eurotower, che ha segnalato che i depositi presso le banche spagnole sono aumentati per la prima volta negli ultimi sei mesi.

Tutto ok? Non proprio, avvertono da Fitch. L’esposizione dei fondi americani verso l’Eurozona resta ancora molto bassa: i fondi continuano ad evitare le banche dei paesi periferici. Qualcuno oggi nelle sale operative obietta che sono passati solo due mesi dall’ultimo incontro a Madrid tra il presidente Mario Monti e il premier Mariano Rajoy, eppure sembra lontanissimo. Il clima, allora, era da brividi, con gli spread di entrambi i paesi schizzati a oltre 500 punti e le borse in profondo rosso.

La Bce di Draghi non aveva ancora messo in campo il suo bazooka anti-spread, in grado di placare i mercati e assestare le borse. La situazione è migliorata con gli spread scesi di quasi 200 punti da allora, ma abbassare la guardia resta un’altra storia. I problemi da risolvere ci sono. E non sono pochi.

Per questo il vertice intergovernativo in programma oggi a Madrid potrebbe aiutare a dipanare la nebbia: per gli economisti non potrà non essere incentrato sulla crisi. E sulla comune convinzione che l’Europa, dopo gli interventi sul rigore, debba ora fare di più per la crescita. Il nodo, in fondo, resta sempre lo stesso: le condizioni alle quali saranno sottoposti i paesi che faranno ricorso allo scudo anti-spread.