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Jim Yong Kim si dimette da presidenza Banca Mondiale

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In carica dal 1° luglio 2012 con un mandato rinnovato nel 2016, Jim Yong Kim ha deciso di dimettersi dal ruolo di presidente della Banca Mondiale.

Non porterà dunque a termine il suo mandato che aveva scadenza prevista nel 2022, facendolo invece terminare in maniera effettiva dal 1° febbraio di quest’anno.

I motivi, come dichiara l’interessato seppur senza sbilanciarsi troppo, sono legati a un ritorno al settore privato. L’ormai ex presidente, infatti, ha dichiarato che entrerà a far parte di un gruppo per il quale si occuperà di investimenti infrastrutturali nei Paesi in via di sviluppo.

Inoltre, ha annunciato che tornerà anche nel board di partners in Healt, l’organizzazione da lui co-fondata oltre 30 anni fa.

Sulle sue prossime sfide, ha dichiarato:

“Sono impaziente di lavorare di nuovo con i miei amici di lunga data e colleghi di partners in Health su una vasta gamma di questioni legate alla sanità e all’istruzione. Continuerò anche a essere coinvolto nelle attività della brown university e sono impaziente di essere senior fellow al suo Watson Institute for International and Public Affairs”.

Per il momento a dirigere la Banca Mondiale, a partire dal 1° febbraio, sarà ad interim la Ceo Kristalina Georgieva.

Rumors vogliono che Kim non fosse molto ben visto nell’istituzione, in quanto solitamente guidata da un americano. Lo stesso Kim, comunque, in una nota, ha dichiarato:

“È stato un grande onore lavorare come presidente per questa istituzione straordinaria, piena di persone appassionate e dedicate alla missione di mettere fine alla povertà estrema nel corso delle nostre vite. Il lavoro della banca mondiale non è mai stato così importante mentre le aspirazioni dei poveri aumentano in tutto il mondo e i problemi legati al cambiamento climatico, alle pandemie, alle carestie e ai rifugiati continuano a crescere sia in dimensioni sia in complessità”.

Sotto la sua guida la Banca Mondiale fissò principalmente due obiettivi: l’aumento della prosperità condivisa concentrandosi sul 40% della popolazione dei Paesi in via di sviluppo e la fine della fame estrema nel mondo entro il 2030.

Il primo obiettivo risulta delicato da affrontate rispetto ai problemi di sostenibilità e di sovrappopolazione del pianeta (il tema va valutato anche dal punto di vista di un welfare state sostenibile e da una qualità della vita che sia accettabile); la tabella di marcia e l’esecuzione dei programmi per il raggiungimento del secondo obiettivo, invece, dipenderanno anche dall’efficacia delle scelte del prossimo presidente.