Società

Italia: nazione più intelligente dell’Occidente o “malata di mente”?

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ROMA (WSI) – Quando si parla dell’Italia, i commenti si sprecano. Italiani simpatici, ma anche viziati ed edonesti; popolo generoso ma anche caratterizzato da forti impeti di individualismo. Italiani alla mano o snob, arroganti ma amiconi. Fare una fotografia unica dell’Italia è impossibile e anche ridicolo, in quanto si rischia di cadere nei soliti luoghi comuni.

Due articoli che fanno scalpore sui social e che stanno scatenando diversi dibattiti.

Da un lato, quello scritto da James Hansen e riportato dalla Voce di New York, giornale online diretto da Stefano Vaccara; dall’altro quello pubblicato da Huffington Post, scritto da Andrea Purgatori, neanche recente, ma sicuramente sempre attuale in quanto attinente a una opinione, ripreso da Uncommons.it

I titoli parlano da soli. Il primo recita Italia, nazione più intelligente dell’Occidente ed è scritto appunto da Hansen che, come riporta la Voce di New York, è arrivato in Italia nel servizio diplomatico USA ed è rimasto come corrispondente per l’estero (International Herald Tribune, Daily Telegraph). E’ stato anche capoufficio stampa di Olivetti, di Fininvest (fino a che “lui” è sceso in campo) e di Telecom Italia, ora titolare di uno studio di consulenza in relazioni internazionali con sede a Milano.

L’altro L’Italia è malata, di mente.

Nel primo caso viene citato una ricerca revisionata dallo “psicologo olandese Jelte Wicherts, sulla base dei risultati dei test di massa del quoziente intellettivo utilizzati in 113 paesi”.

Dalla classifica risulta che la palma d’oro va a Singapore, seguita dal Sud Corea e dal Giappone. E che l’Italia viene subito dopo, dunque è quarta, ed è dunque avanti rispetto alla Germania (ottava), e agli USA, che sono noni con la Francia.

La classifica venne inizialmente redatta nel 2002 dallo psicologo britannico Richard Lynn e dal finlandese, Tatu Vanhanen, uno studioso di scienze politiche, sulla base dei risultati dei test di massa del quoziente intellettivo utilizzati in 113 paesi. “E’ stata poi revisionata e allargata dall’olandese Wicherts”.

La Voce di New York continua: “Emerge, per quanto senza tanta evidenza guardando solo in cima alla classifica, un chiaro rapporto tra reddito nazionale e intelligenza. Alla sua uscita la ricerca è stata criticata proprio per questo, partendo dal dubbio che siano forse i soldi a rendere i popoli intelligenti e non l’intelligenza a farli arricchire. Fosse così, le attuali condizioni economiche dell’Italia tenderebbero dunque a dimostrare che gli abitanti della Penisola siano “smart” per conto proprio ed evidentemente squattrinati per semplice iella…“.

L’altra visione pubblicata nell’articolo dell’Huffington Post, si basa sull’intervista a Vittorino Andreoli, tra i massimi esponenti della psichiatria contemporanea, ex direttore del Dipartimento di psichiatria di Verona, membro della New York Academy of Sciences e presidente del Section Committee on Psychopathology of Expression della World Psychiatric Association.

Andreoli dice senza mezzi termini: “L’Italia è un paziente malato di mente. Malato grave. Dal punto di vista psichiatrico, direi che è da ricovero. Però non ci sono più i manicomi”.

Alla domanda dei sintomi della malattia mentali, Andreoli risponde che sono quattro: “Il primo lo definirei “masochismo nascosto”. Il piacere di trattarsi male e quasi goderne. Però, dietro la maschera dell’esibizionismo”.

Secondo sintomo: “L’individualismo spietato. E badi che ci tengo a questo aggettivo. Perché un certo individualismo è normale, uno deve avere la sua identità a cui si attacca la stima. Ma quando diventa spietato…”.

Terzo sintomo: “La recita”.

“Aaaahhh, proprio così… noi non esistiamo se non parliamo. Noi esistiamo per quello che diciamo, non per quello che abbiamo fatto. Ecco la patologia della recita: l’italiano indossa la maschera e non sa più qual è il suo volto. Guarda uno spettacolo a teatro o un film, ma non gli basta. No, sta bene solo se recita, se diventa lui l’attore. Guarda il film e parla. Ah, che meraviglia: sto parlando, tutti mi dovete ascoltare. Ma li ha visti gli inglesi?”.

Gli inglesi “non parlano mai. Invece noi parliamo anche quando ascoltiamo la musica, quando leggiamo il giornale. Mi permetta di ricordare uno che aveva capito benissimo gli italiani, che era Luigi Pirandello. Aveva capito la follia perché aveva una moglie malata di mente. Uno nessuno e centomila è una delle più grandi opere mai scritte ed è perfetta per comprendere la nostra malattia mentale”.

Il quarto sintomo, importantissimo”…. riguarda la fede…”.

“Mica quella in Dio, lasciamo perdere. Io parlo del credere. Pensare che domani, alle otto del mattino ci sarà il miracolo. Poi se li fa dio, San Gennaro o chiunque altro poco importa. Insomma, per capirci, noi viviamo in un disastro, in una cloaca ma crediamo che domattina alle otto ci sarà il miracolo che ci cambia la vita. Aspettiamo Godot, che non c’è. Ma vai a spiegarlo agli italiani. Che cazzo vuoi, ti rispondono. Domattina alle otto arriva Godot. Quindi, non vale la pena di fare niente. E’ una fede incredibile, anche se detta così sembra un paradosso. Chi se ne importa se ci governa uno o l’altro, se viene il padre eterno o Berlusconi, chi se ne importa dei conti e della Corte dei conti tanto domattina alle otto c’è il miracolo”.

All’osservazione sul fatto che comunque in Italia ci sono anche molti sani in circolazione, lo psichiatra è stato categorico.

Si tratta comuque di persone che “piangono, si lamentano”. E “non sono sani, sono malati anche loro. Sono vicini a una depressione che noi psichiatri chiamiamo anaclitica. Penso agli uomini di cultura, quelli veri. Che ormai leggono solo Ungaretti e magari quel verso stupendo che andrebbe benissimo per il paziente Italia che abbiamo visitato adesso e dice più o meno: l’uomo… attaccato nel vuoto al suo filo di ragno”.