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Italia ed euro sull’orlo dell’abisso

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Arrivando a Roma, la crisi della moneta europea e della Ue sono entrate in una nuova pericolosa fase. Lo stesso euro ora e’ a rischio. L’Economist dedica un’altra copertina al nostro paese, dopo quella di qualche settimana fa su “L’uomo che ha fottuto un’intera nazione”. La tesi e’ quella sostenuta da WSI: l’attacco speculativo all’Italia (prima della Spagna) e’ tattico, nell’ambito di una guerra la cui strategia e’ far saltare l’euro.

Se in precedenza la crisi era limitata alla periferia Ue, ai tre PIIGS più deboli (Grecia, Irlanda e Portogallo), che a turno hanno ricevuto aiuti dall’Unione europea e dal Fondo Monetario Internazionale, ora il problema sembra allargarsi, scrive il settimanale inglese, da sempre critico (ma con intelligenza) sulle questioni europee. Molta della responsabilità viene attribuita alle autorità di Bruxelles, colpevoli ogni volta di aver agito in maniera erronea: negando l’evidenza e procedendo con piani di salvataggio al solo scopo di temporeggiare.

E così, prima ancora della Spagna, da molti vista come la quarta pedina più probabile a cadere nel domino dei PIIGS, è toccato all’Italia. I risultati li abbiamo visti tutti in questi ultimi giorni. Rendimenti dei decennali (il Btp a 10 anni) oltre il 6% (ieri in asta e’ andato al 5,9%, 100 punti base in piu’ rispetto alla precedente asta) e azionario che è tornato ai minimi da due anni. “Ora che la terza più grande economia della regione ha sperimentato il primo impatto, la crisi sembra davvero essere entrata in una nuova fase”, scrive l’Economist.

Una nuova fase perché l’Italia cambia completamente le carte in tavola. Se già potevano essere dolori per un default della Grecia, si pensi a cosa succederebbe in caso toccasse a Roma, che ha un debito di circa €1,9 trilioni, tre volte tanto quello di Grecia, Irlanda e Portogallo messe assieme. Sappiamo che il fondo di stabilità europeo, l’European Financial Stability Facility (EFSF), non potrebbe fare nulla in questo caso, visto che l’ammontare a disposizione è insufficiente. Se dovesse avvenire il peggio per l’Italia, non solo l’Europa, ma l’intera economia globale e l’euro sarebbero a rischio. La moneta unica è arrivata sull’orlo del precipizio?

I timori sull’Italia non si focalizzano solo sulla bassa crescita, scrive l’Economist, ma vanno a toccare il clima politico che si è delineato sull’approvazione del nuovo piano di austerità e sulla capacità di sostenere l’ingente debito.

Teoricamente, problemi facilmente gestibili da un paese come l’Italia, dove l’indebitamento, seppur elevato, è stato mantenuto stabile nel corso degli anni, e dove il budget primario, dunque senza considerare il pagamento degli interessi, è in positivo. In aggiunta, dovrebbe dare sicurezza il fatto che le banche hanno una buona capitalizzazione e i risparmi dei cittadini sono alti, ad indicare che gran parte del debito è detenuto all’interno del paese.

In pratica invece, il problema è ben più grave. Se il costo del prestito dovrebbe aumentare, o comunque rimanesse a questi livelli a lungo, la situazione si farebbe più complicata visto che si andrebbe a interrompere quell’equilibrio creatosi e l’indebitamento potrebbe iniziare a crescere.

Da Bruxelles, a Francoforte, a Berlino, dove risiedono rispettivamente l’Unione europea, la Banca centrale europea e il cancelliere tedesco Angela Merkel, sono arrivati solo segnali di incertezza e in contraddizione che non hanno fatto altro che aumentare i timori generali e spingere l’attacco all’Italia. Certo, non si può addossare tutta la colpa ai pochi, vista la divergenza generale di opinioni, ma l’impasse tra chi doveva prendere in mano le redini non ha fatto altro che evidenziare i problemi nel risolvere la situazione della piccola Grecia; figuriamoci della grande Italia.

Cosa bisogna fare? L’Economist suggerisce che l’impasse venga sostituita con una strategia che si focalizzi su tre componenti: la riduzione del debito, la ricapitalizzazione delle banche che soffriranno dalla ristrutturazione e la creazione di una protezione tra questi paesi e i restanti membri.

La riduzione del debito dovrebbe iniziare con la Grecia, il paese da più tempo e più in difficoltà degli altri. Da qui, subito una ricapitalizzazione delle banche colpite, iniziando proprio da quelle greche. I risultati degli stress test non faranno che indicare l’ammontare necessario. Discorso simile per Irlanda e Portogallo.

La creazione di una protezione deve essere capace di includere anche Spagna e Italia, per evitare che la situazione vada a colpire tutta l’Europa. L’Italia dal canto suo deve approvare velocemente la manovra finanziaria (licenziata ieri al Senato e al voto oggi alla Camera) e adottare delle riforme strutturali. Il problema non si incentra solo nelle misure di austerità, ma anche sulla crescita. La Banca centrale europea non deve però rimanere a guardare, e almeno nel breve termine deve intervenire a sostegno dei titoli di debito italiani.

In aggiunta la Germania e gli altri paesi del nord Europa dovrebbero essere più aperti, a rischio di vedersi aumentare i rendimenti dei propri titoli, altrimenti qualcosa di peggiore potrebbe verificarsi: la fine dell’euro, conclude con tono caustico il settimanale inglese.