(Teleborsa) – La recessione ha interrotto un processo di crescita dell’occupazione in tutti i paesi europei durato circa un decennio e trainato dall’espansione dei servizi. In calo già dal terzo trimestre del 2008 nel Mezzogiorno, la domanda di lavoro si è poi contratta su tutto il territorio nazionale e soprattutto nel Nord. Nel 2009 l’occupazione si è ridotta in Italia di 380 mila unità, in gran parte per l’espulsione di lavoratori impegnati nella trasformazione industriale (-206 mila persone). Gli uomini (-274 mila, pari al 2 per cento) sono stati investiti dalla crisi più delle donne (-105 mila, pari all’1,1 per cento), così come i giovani tra i 15 e i 29 anni (-311 mila, pari all’8,2 per cento) rispetto agli adulti, gli autonomi (esclusi i collaboratori -141 mila, pari al 2,6 per cento) rispetto ai dipendenti (-170 mila, pari all’1 per cento) e chi aveva un lavoro temporaneo (-240 mila, pari all’8,6 per cento) rispetto a chi aveva un contratto di dipendente a tempo indeterminato (-33 mila, pari allo 0,2 per cento). In Italia, grazie al ricorso alla Cig, la contrazione degli occupati nella trasformazione industriale (206 mila persone, -4,1 per cento) è stata relativamente meno accentuata che nel resto dell’Unione europea (-6,6 per cento). Nel nostro Paese, il numero dei disoccupati è cresciuto per il secondo anno consecutivo, portandosi nella media del 2009 poco al di sotto dei due milioni, livello peraltro già superato nei primi mesi dell’anno in corso. Nel nostro Paese, gli inattivi che non cercano lavoro e non sono disponibili a lavorare sono quasi 12 milioni, mentre 2,9 milioni manifestano una qualche forma di partecipazione, seppure di debole intensità, configurando la cosiddetta “zona grigia” dell’inattività.
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