Nuova fiammata dell’inflazione a settembre, con l’indice dei prezzi al consumo in aumento dello 0,3% su base mensile e dell’8,9% su base annua (da +8,4% del mese precedente). Così l’Istat, secondo cui bisogna risalire ad agosto 1983 (quando fu pari a +11,0%) per trovare una crescita dei prezzi del “carrello della spesa”, su base annua, superiore a quella di settembre 2022 (+10,9%). Non sono, infatti, i beni energetici a spiegare (se non per le conseguenze che la loro crescita così ampia ha innescato) la nuova accelerazione dell’inflazione, ma soprattutto i beni alimentari (sia lavorati sia non lavorati) seguiti dai servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona, in un quadro di crescenti e diffuse tensioni inflazionistiche. L’ulteriore accelerazione dell’inflazione su base tendenziale si deve soprattutto ai prezzi dei beni alimentari (la cui crescita passa da +10,1% di agosto a +11,4%) sia lavorati (da +10,4% a +11,4%) sia non lavorati (da +9,8% a +11,0%) e a quelli dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +4,6% a +5,7%). Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, commenta:
“Una Caporetto per le famiglie! Una catastrofe annunciata. Da un anno chiediamo di rimuovere le cause principali dell’inflazione, ossia i prezzi impazziti di luce e gas che oramai tutte le imprese hanno traslato sui prezzi finali destinati ai consumatori, ma nulla è stato fatto, dal tetto del gas al disaccoppiamento tra prezzo della luce e gas. E’ un’emergenza che il prossimo Governo, come primo atto, rinvii anche la fine del mercato del gas prevista tra meno di 3 mesi, per il 1° gennaio 2023. Sarebbe uno tsunami per le famiglie non farlo. Oggi l’Istat ci dice che mentre la luce del mercato tutelato rincara del 57,3% su settembre 2021, quella del libero decolla del 136,7%, oltre il doppio, 2,39 volte in più. Non bastano nemmeno più provvedimenti solo strutturali, come l’adeguamento automatico degli stipendi all’inflazione, troppo lenti per avere effetti sulle prossime bollette da pagare. Urge la ripetizione del bonus di 200 euro del Governo Draghi per i redditi sotto i 35 mila euro, bonus che va triplicato e portato a 600 euro, così da coprire almeno quasi tutte le maggiori spese per mangiare e bere.
Solo per cibo e bevande, infatti, una famiglia pagherà in media 660 euro in più su base annua. Una stangata che sale a 900 euro per una coppia con 2 figli, 812 per una coppia con un figlio. Il record spetta alle coppie con 3 figli che per prodotti alimentari e bevande analcoliche avranno una batosta pari a 1.075 euro. Per quanto riguarda l’inflazione nel suo complesso, il +8,9% si traduce, in termini di aumento del costo della vita, in una spesa aggiuntiva pari a 2953 euro su base annua per una coppia con due figli, 1.211 per abitazione, elettricità e combustibili, 932 per il solo carrello della spesa. Per una coppia con 1 figlio, la mazzata annua è pari a 2.736 euro. In media per una famiglia il rincaro è di 2.334 euro, 685 per il solo carrello della spesa. Il primato spetta ancora una volta alle famiglie numerose con più di 3 figli con una sberla pari a 3.318 euro, 1.107 euro solo per i beni alimentari e per la cura della casa e della persona”.
La classifica delle città e delle regioni con maggiore inflazione
Sulla base di questi dati, l’Unione Nazionale Consumatori ha stilato la classifica delle città e delle regioni più care d’Italia, in termini di aumento del costo della vita.
Ebbene, in testa alla classifica dei capoluoghi e delle città con più di 150 mila abitanti più care è Bolzano dove l’inflazione pari a +10,8%, la seconda più alta d’Italia, ex aequo con Palermo, si traduce nella maggior spesa aggiuntiva equivalente, in media, a 2.870 euro su base annua. Al secondo posto Trento, dove il rialzo dei prezzi del 10,4%, la terza maggiore inflazione, ex aequo con Ravenna, determina un incremento di spesa annuo pari a 2.722 euro per una famiglia media. Sul gradino più basso del podio Ravenna, prima per il Centro, dove il +10,4% genera una spesa supplementare pari a 2513 euro annui per una famiglia tipo. Al quarto posto Milano (+9,2%, +2.498 euro), poi Bologna (+10%, 2.495 euro), Brescia (+8,8%, 2.320 euro), al settimo posto Verona (+9,9%, +2.304 euro). Seguono Venezia (+9,5%, +2.285 euro) e Padova (+9,8% +2.281 euro). Chiude la top ten Firenze, +9,5%, pari a 2216 euro. Catania, con l’11% è prima in Italia per inflazione e prima tra le città del Sud come stangata annua, in 12° posizione con 2184 euro.
La città più virtuosa è Campobasso, con un’inflazione del 7,7% e una spesa aggiuntiva per una famiglia tipo pari a “solo” 1.410 euro. Segue Catanzaro (+7,6%, +1419 euro) e Reggio Calabria (+7,8%, +1457 euro).
In testa alla classifica delle regioni più “costose” con un’inflazione annua a +10,5% si colloca il Trentino che registra a famiglia un aggravio medio pari a 2.728 euro su base annua. Segue l’Emilia Romagna, dove la crescita dei prezzi del 9,2% implica un’impennata del costo della vita pari a 2.188 euro, terza la Lombardia, +8,4%, con un rincaro annuo di 2.183 euro. La regione più risparmiosa è il Molise, +7,7%, pari a 1.410 euro, seguita dalla Puglia (+9,1%, +1.473 euro). Medaglia di Bronzo per la Basilicata (+7,8%, +1.510 euro).