(Teleborsa) – Il dato dell’inflazione diffuso oggi dall’Istat va letto insieme a quello delle vendite al dettaglio reso noto sempre oggi. Nonostante le vendite di prodotti alimentari registrino da mesi un trend in discesa (a giugno 2010 c’è stato un calo dello 0,5% rispetto a giugno 2009), i prezzi non si sono adeguati alla flessione della domanda. Per il Codacons, infatti, avrebbero dovuto scendere almeno del 7% su base annua. Se i prezzi non sono scesi la colpa è del Governo che non ha ancora attuato una sola misura di liberalizzazione nel settore del commercio e che non è intervenuto per bloccare le speculazioni in atto, a cominciare da quelle sui carburanti, che, nonostante il leggero calo di agosto, non si sono adeguati al calo del prezzo del barile. Per questo è allarme inflazione. Se, infatti, in autunno ci sarà la tanta auspicata ripresa economica e i consumi ricominceranno finalmente a salire, è evidente che l’inflazione a quel punto decollerà. Un fatto ancora più grave considerata la scelta di Tremonti di non adeguare gli stipendi dei dipendenti pubblici all’inflazione per i prossimi 3 anni. Ecco perchè se il Governo non vuole metterci i soldi, abbassando ad esempio le accise sui carburanti o bloccando, in nome della par condicio, tutte le tariffe per 3 anni, dovrebbe almeno sentire l’imperativo morale di prendere misure a costo zero, come ad esempio l’indicazione del doppio prezzo (sia il prezzo di vendita al dettaglio che all’ingrosso), dando il via ad una nuova stagione di liberalizzazioni.
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