Economia

Imprese: Ceo del Vecchio Continente pessimisti sul futuro delle relazioni con la Cina

I dirigenti d’azienda del Vecchio Continente sono sempre più pessimisti sul futuro delle relazioni con la Cina, a causa delle sfide commerciali e del clima geopolitico che alimentano le tensioni. È quanto emerso da un sondaggio condotta dal 3 al 25 aprile dalla European Round Table for Industry.

I risultati principali del sondaggio

Entrando nel dettaglio dei risultati, oltre la metà dei manager intervista (il 54% per la precisione) prevede un peggioramento delle relazioni Europa-Cina , mentre solo il 7% ritiene che ci sarà un miglioramento. Come punti di principali di attrito sono indicate le relazioni tra Stati Uniti e Cina e la sovraccapacità industriale.

Come spiega un’analisi di Bloomberg, “le tre economie dominanti del mondo stanno entrando in una fase di tensioni che rischia di aumentare le fratture e di mettere in discussione decenni di libero mercato, poiché gli Stati Uniti utilizzano armi commerciali prese in prestito dalla Cina, lasciando così l’Europa ad un bivio critico”.

Dopo che, sette anni fa, Donal Trump, l’allora presidente Usa, ha sparato i primi colpi di una politica commerciale protezionistica il cui bersaglio principale era la Cina, le relazioni con Pechino si sono fatte sempre più tese.

“L’arena del commercio internazionale da 31 trilioni di dollari ha resistito a una serie di shock negli ultimi anni, ma questa volta – si legge nell’analisi che fa riferimento all’ultima serie di dazi – il perno è l’Unione Europea, in bilico tra il mantenimento del suo ruolo di difensore delle regole multilaterali e il timore di perdere milioni di posti di lavoro e decine di miliardi di investimenti mentre Stati Uniti e Cina conducono la guerra a colpi di dazi”.

Solo pochi giorni fa, Washington ha stabilito forti aumenti dei dazi sulle importazioni cinesi, in particolare sui veicoli elettrici e i semiconduttori. Una mossa che ha scatenato la forte opposizione da parte di Pechino. Il ministero degli Esteri  ha dichiarato in precedenza di “opporsi ad aumenti unilaterali delle tariffe in violazione delle regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio”. E che La Cina “prenderà tutte le misure necessarie per salvaguardare i suoi legittimi diritti e interessi”, ha aggiunto il portavoce Wang Wenbin.

Migliora l’outlook, ma al di fuori dell’Europa

Nel complesso, gli amministratori delegati si sono dimostrati più ottimisti sul contesto aziendale rispetto a sei mesi fa, grazie al miglioramento del sentimento sulle condizioni economiche. Tuttavia, la maggior parte della positività è derivata dalle prospettive di business al di fuori dell’Europa.

“I leader sono ottimisti per quanto riguarda gli investimenti e l’occupazione delle loro aziende al di fuori del mercato europeo. All’interno dell’Europa le aspettative sono invece molto meno brillanti”, ha dichiarato Ilham Kadri, amministratore delegato dell’azienda chimica belga Syensqo SA e presidente del Comitato per la competitività e l’innovazione di ERT. “Come luogo in cui fare affari, l’Europa sembra bloccata in un percorso di relativo declino”, ha aggiunto, avvertendo che “la prossima leadership europea deve dare priorità al raggiungimento di un’inversione di tendenza che metta la competitività al centro del programma di lavoro da qui al 2030”.

Rilanciare la competitività attraverso semplificazione normativa

Al di fuori delle relazioni con Pechino, la stragrande maggioranza (91%) dei dirigenti d’azienda, parlando delle politiche necessarie per stimolare la competitività, ha citato la necessità di migliorare e semplificare il contesto normativo.

Una più profonda integrazione del mercato unico – un punto focale tra i leader dell’UE negli ultimi mesi e oggetto di una recente relazione dell’ex primo ministro italiano Enrico Letta – è stata indicata come una priorità assoluta (73%), così come la necessità di promuovere l’innovazione e la leadership tecnologica (71%).

Inoltre, l’indagine ha rilevato, infine, che i leader aziendali sono sempre più preoccupati per le capacità difensive dell’Europa, con quasi quattro su cinque che dichiarano di “non essere fiduciosi”che si stia facendo abbastanza per aumentare la prontezza della difesa.