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IL NUDISTA DEL TURNO DI NOTTE

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Il suo libro, The Nudist on the Late Shift, Il nudista del turno di
notte
(Random House) inizia cosi’: “In macchina, in aereo, arrivano. Ad un
certo
punto appaiono. Buttano via le loro vite impiantate altrove e vengono
qui.
Arrivano attirati dalle incredibili opportunita’ , convinti che, adesso,
in
nessun altro posto del mondo, una persona puo’ ottenere cosi’ tanto con
il
talento, l’iniziativa e una buona idea.

E’ un posto dove chi conosci e
quanti
soldi hai sono requisiti irrilevanti per il successo. Arrivano perche’
non
importa essere troppo giovani o non avere un diploma o avere la pelle
scura o
parlare con un accento straniero. Arrivano anche se, per alcuni, e’
illegale.

Arrivano perche’ sentono che lo rimpiangerebbero tutta la vita se non
venissero
a provarci. Vengono per essere parte della storia, per costruire la
tecnologia che rivoluzionera’ il modo in cui la gente vivra’ e
lavorera’ nei
prossimi cinque o dieci anni”.

Meta di questo pellegrinaggio, o meglio, di questo esodo di massa e’ la Silicon Valley. Po Bronson, un giornalista californiano, ha deciso di
raccontare questa valle dei miracoli, raccontando la storia di una
decina di
quei ragazzi che hanno buttato tre magliette in una sacca e hanno
deciso di
sbarcare nella Valle.

Il ”nudista” che ha dato il titolo al libro e’
uno dei
tanti programmatori che, lavorando diciotto ore al giorno, ha confuso
il
giorno con la notte e, pensando di essere in piena notte, si e’
spogliato,
prima di riprendere il suo posto alla tastiera.

Ma c’e’ anche la foto
(e la
storia) di David Filo, uno dei fondatori di Yahoo!, che aveva l’abitudine di
dormire
in un sacco a pelo sotto la sua scrivania in ufficio. E questo
nonostante
la sua societa’ fosse gia’ valutata piu’ di 500 milioni di dollari.
Poi,
secondo Bronson, ha cambiato abitudini solo perche’ il suo cubicolo era
invaso
da troppe cartacce per potercisi sdraiare ancora. Piccole grandi storie
di
ordinaria follia di ragazzi fuori da comune.

BRONSON: “Non credo che la gente si renda conto fino in fondo di cosa stia
succedendo
in questo momento nella Silicon Valley, dell’incredibile emigrazione
che e’ in
atto” spiega Bronson a Wall Street Italia.

“Piu’di 300 mila persone,
di
ragazzi giovanissimi sono partiti per cercare fortuna nella Silicon Valley. Questo tipo di emigrazione e’ di gran lunga piu’ sostanziosa di quella che avvenne in California per la corsa all’oro o di quella culturale degli
anni Sessanta, quando tutti volevano diventare hippy e venire a vivere da queste
parti.

Silicon Valley e’ paragonabile alla Firenze rinascimentale. Il
mio
libro racconta storie emblematiche di ragazzi che arrivano
all’aereoporto e
non conoscono nessuno, non hanno appoggi, non hanno soldi ma hanno una
buona
idea. Chi ce la fa, diventa miliardario in dollari”.

WSI: Successo per tutti?

BRONSON: “No. Bisogna pensare che ogni 1000 business plan che vengono
recapitati ai venture capitalist, sei vengono accettati. Di quelle sei societa’,
quattro in
media vanno in bancarotta nel giro del primo anno. E una sola riesce ad essere quotata in borsa. Ma le storie di quelli che ce la fanno sono
straordinarie, da brivido. Come quella di Ben Chiu, che parte da Taiwan chiudendo il suo karaoke bar e sbarca nella Silicon Valley, si inventa
KillerApp.com, uno shopping engine dei piu’ sofisticati, lo vende nel
giro di
pochi mesi a poco meno di 50 milioni di dollari e ricomincia da capo”.

WSI: Bisogna essere dei geni?

BRONSON: “Assolutamente no. Va completamente sfatato il mito della Silicon
Valley come
luogo in cui si trovano solo cervelloni, programmatori o ingenieri
genialoidi. Niente di piu’ falso. Silicon Valley e’ piena di storie di
ragazzi
qualsiasi, senza particolari competenze che hanno una sola buona idea.
E
hanno la capacita` di realizzarla. Per questo la Silicon Valley e’
l’ultima
incarnazione del sogno americano”.

WSI: Qual e’ il rapporto tra Silicon Valley e Wall Street?

BRONSON: “Incestuoso, lo definirei. La Valle ha bisogno dei capitali di Wall
Street,
degli investitori e il legame e’ sempre stato strettissimo. Ma ci sono
anche
dei momenti in cui le due realta’ si disconnettono, in cui una dice una
cosa e
l’altra l’opposto. Sono i momenti della verita’ in cui si capisce chi
e’ il piu’
forte, chi ha piu’ energie di riserva. E Silicon Valley ha dimostrato
di
essere piu’ forte.

La dimostrazione lampante c’e’
stata la
scorsa primavera quando tutti gli analisti dicevano che i titoli
tecnologici
erano sopravalutati e che avrebbero fatto un tonfo fragoroso. Ma tra
l’aprile
e giugno del ’99 il prezzo medio dei titoli di internet e’ salito di
almeno il
50 per cento e l’infallibilita’ di Wall Street come indicatore
economico ne e’
uscita un po’ ammaccata.

Il trend che secondo me e’ da seguire da
vicino e’
quello dei venture capitalist che continuano a investire e a dare
ossigeno a
chi porta buone idee: si buttano come pescecani sugli start-up. Dalla
primavera ad oggi, la media dei contratti chiusi da venture capitalist
e’
triplicata.
Ho lavorato a Wall Street negli anni Ottanta quando essere tra i Gordon
Gekko
era terribilmente ‘cool’.

A quei tempi la cultura imperante era quella di
fare
di tutto pur di diventare banchiere o analista finanziario. Ma in quel
genere
di lavori non si produce nulla, si e’ solo degli intermediari. Ora,
invece il
ritornello imperante e’: ‘Ma che trader o analista, la strada del futuro
e’
quella di buttarsi nella mischia in prima persona e fare qualcosa di
produttivo’. C’e’ stato un cambiamento radicale nella mentalita’
collettiva e
questo avra’ le sue ripercussioni anche a livello economico”.

WSI: Se dovesse dare un consiglio su quali saranno le ipo piu’ esplosive,
quali
sceglierebbe?

BRONSON: “Prima il metodo e poi i nomi. Ci sono circa 300 azioni ‘dot com’ in questo
momento
sul mercato. Quelle che hanno migliori performance sono quelle che
riescono a
mantenere i costi bassissimi. Io sono uno sponsor di quelle che
riescono ad
attirare persone nel loro sito riuscendo allo stesso tempo a farglielo
costruire a seconda delle loro necessita’.

C’e’ ad esempio l’Open
Directory
Project, una societa’ che e’ stata appena comprata da Netscape, che ha
messo in
pratica questo principio. Fa aggiornare le liste dei siti da volontari
in
cambio di un piccolo compenso. Lo chiamo il modello Tom Sawyer, quel personaggio di Mark Twain che veniva pagato per dipingere la
staccionata e ha
la bella pensata di farlo fare ai ragazzini del suo quartiere facendolo passare il gioco piu’ divertente del mondo. In questo modo, non solo
trovava
decine di aiutanti ma evitava anche di pagarli. Ecco, il modello Tom
Sawyer
ora e’ assai diffuso tra le ‘dot.com’ piu’ all’avanguardia perche’
permette di
tenere i costi bassissimi e di macinare enormi quantita’ di lavoro.

America Online e’ un esempio classico: il successo di questo portale e’ dovuto in
gran parte
alle chat line dove ci sono i chat-organizer che fanno il lavoro di
organizzazione gratuitamente o in cambio dell’abbonamento mensile.
Geniale,
no? Ragazzi che lavorano anche venti ore a settimana perche’ si
divertono e si
sentono gratificati”.

WSI: Esempi concreti di ipo su cui gettarsi?

BRONSON: “Tra le societa’ non ancora quotate, Affinia.com e’ la mia preferita:
ha meno
di cento impiegati e ha avuto l’intuizione geniale di trasformare
milioni di
personal web-pages in altrettanti siti di e-commerce.

Bastano pochi
minuti
per attaccare alla pagina del circolo di pesca con la mosca gli
indirizzi web
dove si possono comprare tutte le attrezzature necessarie o fare i
corsi. E
si guadagna ogni volta che qualcuno entra in quel sito e clicca sui
prodotti
da acquistare.

Oppure c’e’ Big Step.com che, invece, crea web sites per piccole societa’ direttamente on line e in pochi minuti. Epinions.com
e’
un’altro perfetto esempio del metodo Tom Sawyer: e’ una raccolta di
recensioni
di non professionisti sugli oggetti piu’ disparati, dalle auto agli
elettrodomestici, passando per i giocattoli. Una specie di
consumer-guide on
line gratuita fatto dal signore della porta accanto che guadagna anche
qualche dollaro dalla societa’ e una percentuale ad ogni hit sulla sua
recensione”.

WSI: Cosa pensa del processo alla Microsoft?

BRONSON: “Sono tra i colpevolisti. Reputo la Microsoft colpevole di aver abusato
del
monopolio per anni. Hanno tagliato la gola troppe piccole aziende che
meritavano di avere la loro chance e che invece sono state tagliate
fuori o
assorbite. E la sentenza e’ una splendida notizia perche’ tantissimo
denaro che
prima sarebbe andato alla Microsoft automaticamente ora invece e’ a
disposizione di chi ha piu’ talento, sia nel campo del software che di
internet”.

WSI: E’ il momento di vendere le azioni della Microsoft?

BRONSON: “Io le venderei, magari non di corsa. Bisogna pensare che dopo questa
sentenza la Microsoft non sara’ piu’ in grado di far pagare i suoi
prodotti
cosi’ cari, dovra’ necessariamente abbassare i prezzi e quindi i anche
i
profitti avranno una flessione. Quindi non venderei sulla spinta
emozionale
ma facendo una ragionamento molto freddo e con la calcolatrice alla
mano. I
prossimi cinque anni assisteremo ad una crescita strepitosa dei titoli
legati
alla Silicon Valley e sono convinto che arriveranno sempre piu’ persone
per
vivere in prima linea il sogno tecnologico. E in fondo, la Valle ha una densita’ di un settimo rispetto a quella di una citta’ come San
Francisco”.

Avanti, dunque, c’e’ posto.