(9Colonne) – Roma, 13 giu – Era il 1942 quando Isaac Asimov enunciò le famose tre leggi della robotica nel suo racconto “Circolo vizioso”: un insieme di formule secondo le quali un robot non dovrebbe mai essere messo in condizioni di recare danno a un essere umano, dovrebbe obbedire agli ordini impartiti e preservare la propria esistenza. Tre regole che, in linea di principio, collimano con il progetto messo a punto da un gruppo di studenti del Politecnico di Torino che puntano, entro il 2050, a far partecipare una squadra di robot a un campionato mondiale di calcio. “Isaac”, questo il nome del progetto (probabilmente un omaggio allo scrittore), è stato presentato durante la mostra della robotica dell’Ateneo torinese, suscitando curiosità, stupore e, chiaramente, un certo scetticismo. L’idea, a dire il vero, non è del tutto nuova: già da diversi anni si svolge regolarmente la “RoboCup”, una sorta di torneo alternativo al mondiale vero e proprio, giocato solo da robot che rappresentano squadre provenienti da diversi paesi del mondo. I robot-calciatori, però, sono ancora molto rudimentali: non riuscirebbero di certo a dribblare Cannavaro o a fermare in tackle Kakà. Eccola, quindi, la grande ambizione dei ragazzi di Torino: riuscire in un tempo relativamente breve a costruire una squadra competitiva per battere una formazione umana. E far fare ai nostri beniamini la figura che fece Kasparov quando, per la prima volta nel 1996, perse una sfida scacchistica contro un computer. Al di là del risultato sul campo, comunque, si può già dare per assodato che i robot-calciatori non avrebbero problemi con le interviste ai giornalisti. Non solo, o non tanto, per la proverbiale banalità di queste ultime, ma soprattutto perché la ricerca sull’intelligenza artificiale sta procedendo a ritmi forsennati: in Giappone un gruppo di ricercatori ha infatti reso noto di aver messo a punto un robot in grado di comprendere il senso di frasi equivoche o ambigue sulla base delle circostanze in cui queste vengono pronunciate. E’ il caso, ad esempio, di tutte le domande retoriche, o di quelle che danno già per sottintesa la risposta, o ancora di quelle spudoratamente sarcastiche. L’automa, secondo quanto riferito dai suoi creatori, è capace di valutare il contesto in cui gli viene rivolta la domanda e il tono di quest’ultima, riuscendo a scegliere l’interpretazione più adatta. E, soprattutto, a rispondere di conseguenza, cosa fondamentale nel caso della dialettica nipponica, che molto raramente prevede un secco “no” nell’ambito di una conversazione. Un passo in avanti fondamentale se si considera che al momento l’interazione uomo-robot è basata unicamente sul riconoscimento e la sintesi vocale. Insomma, in un futuro non troppo lontano potremmo probabilmente avere calciatori robot tranquillamente in grado di partecipare ai mondiali di calcio e di rispondere in maniera appropriata a qualsiasi tipo di domanda, posta anche in maniera ironica o provocatoria. Resta da vedere, a questo punto, se saranno anche in grado di resistere alle tentazioni. Perché il mondo del calcio, si sa, non è esente da peccati, e gli scandali sono quasi all’ordine del giorno. E’ proprio di oggi, ad esempio, la notizia che in Portogallo è stata riaperta l’indagine sul presidente del Porto, Pinto da Costa, accusato dagli inquirenti di aver offerto prostitute a un arbitro in occasione di una partita di campionato contro l’Estrela da Amadora dello scorso gennaio 2004. E viene da chiedersi, a questo punto, come reagirebbe il nostro campione-robot in una situazione analoga. Forse, dopo aver preso atto che non arreca danno a umani, che non c’è alcun ordine a cui obbedire e che una scappatella preserverebbe la sua esistenza, accetterebbe. Perché cedere alle tentazioni, alla fine, è umano.
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