Società

I “salumi” del banchiere e i doveri della vigilanza

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In uno dei più importanti passaggi delle “Considerazioni finali” formulate dal Governatore della Banca d’Italia di qualche anno addietro, si leggeva testuale: “”Alle attività tradizionali le banche affiancano oggi in misura crescente quello di distribuzione di una molteplicità di prodotti finanziari.””

Il riferimento, oltre alla salvaguardia del buon nome della banca, voleva evidenziare l’incidenza del “prodotto” nella composizione del rischio sofferto dal risparmiatore invitato ad investire le proprie risorse, che risulterà direttamente proporzionale alla correttezza di comportamento nel magnificare la qualità dei prodotti finanziari.

E’ tutto vero!

L’esperienza degli ultimi anni ormai maturata da migliaia di risparmiatori truffati per effetto dei tanti scandali finanziari e la stessa crisi finanziaria globale in atto, stanno lì a dimostrarlo.

Il problema non è solo nostro ma tocca confini planetari. Emblematica la vicenda della più grande truffa finanziaria del secolo scorso, realizzata com’è noto da un arzillo vecchietto ed ex presidente del NASDAQ, Sig. Bernard MADOFF, con un bottino di oltre 50 miliardi di dollari laddove, ancora una volta, si capì che l’intero meccanismo della finanza mondiale era  malato, perché alla mercé di plurispeculatori.

Lo stesso MADOFF, dopo aver spontaneamente vuotato il sacco e descrivendo nei dettagli il sistema piramidale della truffa (basata su una miserabile catena di Santo Antonio, dove praticamente i primi investitori remuneravano massicciamente il capitale con le risorse degli ultimi arrivati fino a scoppiare quando i nuovi “arrivi” sono cominciati a scarseggiare anche per effetto della crisi finanziaria globale e questo a conferma che i profitti non possono moltiplicarsi come i “pani ed i pesci” del dettato evangelico), si presentò alle autorità americane per essere immediatamente arrestato.

Già dalle prime risultanze investigative si dimostrò che la ingentissima frode fu’ possibile non per carenza di strumenti legislativi ma per l’assoluta incapacità nell’usarli da parte delle autorità di sorveglianza come la stessa SEC, posta giustamente sotto accusa.

Ogni mondo è paese e in Italia, la situazione non è e forse, ahimè, non sarà molto diversa.

Senza nulla aggiungere ai tanti commenti sui recenti fallimenti bancari,  la vicenda della Banca 121 – ex banca del Salento poi acquistata dal MPS – che emetteva obbligazioni con acronimi in tutto simili ai “Titoli di Stato” e che per anni hanno tradito la fiducia dei risparmiatori, la dice lunga sul concreto interesse di tutelare il risparmio.

Era così difficile immaginare una “valutazione preventiva” da parte della CONSOB o Banca d’Italia su quale “acronimo” utilizzare per la emissione di tali obbligazioni?

Un altro grande scandalo si è rivelato quello della pressione per l’acquisto di azioni  emesse dalla banca alla quale si rivolgeva l’imprenditore per avere un affidamento, la dice lunga sulla carenza o insufficiente “controllo istituzionale” continuato per anni.

Insomma, con controlli interni inesistenti, quelli Istituzionali approssimativi, i risultati non potevano che essere disastrosi.

Nella vecchia MIFID le funzioni di controllo erano demandate a dei meccanismi di “compliance”, ossia ad organi di vigilanza interni agli intermediari stessi con il compito di verificare il rispetto della normativa.

Le autorità di vigilanza e gli intermediari – si diceva –  avrebbero dovuto adottare ogni misura ragionevole per identificare i conflitti d’interesse che possono nuocere ai clienti, e di renderli maggiormente visibili.

MIFID 2

Da un po’ di tempo si parla della nuova MIFID che, si dice, mette al primo posto le esigenze di tutela del risparmio e, di converso, gli interessi del risparmiatore.

In tale quadro,  si torna a parlare di una nuova era della “Vigilanza bancaria” dove si pensa, per esempio, già da tempo ad una nuova Agenzia europea dedicata esclusivamente alle banche aventi un’attività transfrontaliera, sostituendo di fatto la fallimentare esperienza delle diverse Autorità nazionali.

Questo potrebbe essere un primo passo, ma certamente quello che occorre fare è ben altro a cominciare da:

   Dalla verifica preliminare da parte di un’Autorità indipendente sulla effettiva patrimonializzazione e capacità di assorbimento dei rischi da parte degli emittenti i titoli negoziati sul libero mercato. Tale importante attività, non potrà più basarsi soltanto sulle certificazioni di bilancio o sulle valutazioni di affidabilità delle società di rating;

 L’elaborazione e la messa in vendita degli strumenti finanziari – spesso sconosciuti agli stessi emittenti – deve avere una preliminare valutazione di conformità da parte della stessa Autorità indipendente;

–  La scheda informativa da esibire al risparmiatore, invitato ad investire le proprie risorse, oltre ad essere assolutamente chiara nei contenuti, deve anche essere leggibile (attualmente neanche con il miglior cannocchiale si riesce a leggere il contenuto).

Così facendo, forse, per il futuro, si riuscirà a garantire una qualità degli investimenti almeno pari a quella che ogni giorno ci viene assicurata dal nostro “salumiere”.