NEW YORK (WSI) – Se la Grecia dovesse capitolare e fare default si presenterebbe uno scenario simile a quello visto in Argentina nel 2001. Allora il governo di Buenos Aires fece bancarotta su circa 100 miliardi di dollari di debito, in quello che fu il maggiore default della storia.
Atene non sarebbe dunque la prima nazione a non riuscire a rispettare gli impegni presi con i creditori internazionali e dichiarare bancarotta dopo anni di austerity e sofferenze della popolazione. Basti pensare che la sola Argentina ha fatto default ben sette volte da quando ha conquistato l’indipendenza nel 1816.
L’Argentina è un’analogia calzante con la situazione drammatica greca per Arturo C. Porzecanski, uno specialista di finanza internazionale presso l’American University nonché autore di numerosi testi accademici sul default argentino.
Secondo il professore contattato dal New York Times, tuttavia, se le finanze pubbliche di Atene dovessero fare crac, la situazione sarebbe di gran lunga peggiore di quella in cui si trovò l’Argentina, che in confronto “è stata fortunata”.
Per chi non se lo ricorda bene, nel 2001 i telegiornali mandarano in onda scene di assalti a supermercati con scaffali vuoti, rivolte in piazza, corse agli sportelli e una classe media borghese che si ritrovò da un giorno all’altro come dei poveretti in strada.
Secondo l’analista Jim Leaviss, Head of Retail Fixed Interest presso il gruppo M&G, il problema per la Grecia è che anche se dovesse uscire dall’area euro non potrà permettersi di crescere grazie alle esportazioni, come invece fu in grado di fare Buenos Aires.
“Tolta la camicia di forza al peso, l’Argentina tornò a crescere dell’8-9% l’anno per cinque anni, dopo quattro anni di PIL negativo (nel peggiore dei casi oltre -10% l’anno)”, ricorda Leaviss. Ma la svaltuazione della dracma, la moneta nazionale, non avrebbe gli stessi effetti positivi sull’economia di Atene.
“La voce più importante dell’export greco è il petrolio raffinato, un prodotto intermedio quotato in valuta forte e quindi escluso dai vantaggi della svalutazione. Il primo importatore di merci greche, inoltre, è la Germania, un aspetto forse problematico dopo un default”.
Il problema per Syriza è anche di natura storica. Il contesto economico è ben diverso oggi di quanto non lo era nel 2002, quando il governo argentino iniziò il piano di svalutazione. “Quando hanno fatto default sul debito, Argentina, Canada e Svezia hanno tratto vantaggio della contemporanea forte crescita dei loro partner commerciali. La Grecia non ha questa fortuna, né è in grado di reagire tempestivamente a una maggiore concorrenza nelle esportazioni”.
Inoltre la ristrutturazione del debito e la svalutazione del peso dopo anni di austerity hanno permesso di registrare una crescita molto forte soltanto in un primo momento. Oggi il pil reale argentino si attesta ad appena lo 0,5% ed i rendimenti dei titoli di Stato in valuta forte si aggirano intorno all’8%.
Daniel Gros, direttore del Centro di Studi di Politiche Europee a Bruxelles e autore del libro “Un racconto di due default”, ha messo anche lui a confronto il caso greco con quello argentino. E anche lui è arrivato alla stessa conclusione: per tutta una serie di fattori e circostanze esterne “il default sarebbe molto peggiore per la Grecia di quanto non lo fu per l’Argentina”.
Fonte principale: New York Times