Economia

Grecia, la battaglia continua: uscita dall’area euro solo rimandata

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New York – La soap opera della tragedia greca continua anche dopo la vittoria del centro destra alle urne. Il 55% degli elettori greci si e’ schierata contro le mani forti della Troika e i piani di aiuto internazionali. Quella di Antonis Samaras e di Angela Merkel, cancelliera tedesca, e’ una vittoria di Pirro.

Prossimo appuntamento: la riunione del Consiglio Europeo del 28-29 giugno durante la quale verra’ con ogni probabilita’ discusso e strutturato un nuovo programma di prestiti ad Atene. Nonostante le proteste della Germania, la realta’ ha di fatto annullato l’effettivita’ del secondo piano di salvataggio.

Un terzo piano di aiuti in versione leggera appare inevitabile e sarebbe il peggior scenario possibile per Atene e una calamita’ per l’area euro. L’imposizione di nuovi tagli alle spese non fara’ che intensificare ulteriormente la fase di recessione.

Non e’ un segreto che il mondo attraversa una crisi piu’ grave della Grande Depressione degli Anni 30. Gli Stati Uniti crescono al ritmo dell’1,5%-2%, un rallentamento che prelude a una recessione per molti analisti. E’ la terza volta che la ripresa si e’ spenta, anche perche’ sono tanti i debiti che gravano su consumatori e imprese. L’economia mondiale e’ in fase di ristagno. La stessa Cina e’ in frenata per via della sua dipendenza dalle economie avanzate, dal momento che esporta e compra in quelle zone.

Atene – e il contesto generale non aiuta – continua a dover fare i conti con una delle piu’ gravi fasi di depressione economica della storia moderna. Il Pil ha subito una contrazione del 7% l’anno scorso e la disoccupazione ha raggiunto il 21%.

Molti economisti di spicco hanno il programma di austerita’ – volto ad abbattere il debito massiccio – non fara’ che deprimere ulteriormente la crescita e peggiorare la situazione.

Anche perche’ senza surplus pubblico difficilmente si ridurra’ il deficit e si alimentera’ la crescita. Come ha sottolineato Paul Krugman, finche’ la Grecia e’ legata a doppio filo all’euro, la sua economia non sara’ mai competitiva.

Samaras ha promesso che iniziera’ al piu’ presto le consultazioni per formare un governo di unita’ nazionale. Da parte sua l’Europa ha gia’ aperto a un ammorbidimento delle condizioni e a fare concessioni agli impegni presi da Atene con Bruxelles.

L’Europa concedera’ piu’ tempo alla Grecia per il rientro del deficit ma questo non fara’ che prolungare senza evitare l’appuntamento con il precipizio e la fine dell’economia sociale greca. Quando anche il prossimo piano di salvataggio fallira’, le tensioni si intensificheranno e le forze centrifughe subiranno un’accelerazione che spezzera’ l’Europa in due.

Non a caso, sui mercati l’entusiasmo post voto nella forma di un rally delle borse e degli asset di rischio si e’ gia’ esaurito. I rendimenti dei bond di Spagna e Italia scambiano ancora su livelli non sostenibili (6,91% e 5,95% rispettivamente al momento). I tassi sul decennale italiano sono in crescita di due punti base dopo aver ceduto anche sei punti base. Gli operatori sono consapevoli del fatto che i nuovi sviluppi in Grecia non risolvono certo i problemi di Italia e Spagna.

I tassi iberici erano scesi fino al minimo intraday del 6,82% in seguito ai risultati elettorali di ieri che hanno visto spuntarla il partito di centro destra Nuova Democrazia. Secondo a stretto giro di posta si e’ piazzato il partito di sinistra Syriza contrario ai programmi internazionali di aiuto e alle misure di rigore strozza crescita. La formazione vincitrice guidata da Samaras cerchera’ di formare una coalizione di governo con i socialisti, terza forza del paese.

Forse gli elettori greci hanno avuto paura di vedere depauperati i propri risparmi – ed e’ comprensibile vista anche la imponente campagna pro euro che ha preceduto il voto bis di domenica. Ma con questo risultato non hanno fatto altro che rimandare l’uscita di Atene dall’Eurozona di 6-12 o forse 24 mesi.
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Rispetto alle elezioni di poche settimane fa lo spostamento e’ stato verso sinistra: sommando tutte le fazioni piu’ a sinistra dei socialisti puo’ contare sul 40% dei voti. Il Pasok – il gruppo socialista – ha il 12%. Il risultato non e’ affatto confortante come vogliono fare credere i media tradizionali e il disagio sociale e’ facile che sfoci in una rivolta della gente contro le misure di austerita’ della Bce, del Fmi e della Commissione Europea. Una rabbia che rischia di dilagare in un secondo momento nel resto dell’Europa.

Un sondaggio di Barclays lo dice chiaramente: il 58% degli investitori danno per certa l’uscita di uno stato membro dal blocco a 17 da qui a un anno. Per Citigroup la probabilita’ di un evento cigno nero simile e’ del 50-75% nei prossimi 12-18 mesi.

I problemi cruciali dell’Eurozona rimangono, di fatto non sono stati ne’ aggravati ne’ risolti. La vera mina vagante che potrebbe fare saltare l’unione monetaria e’ ancora accesa e si chiama crisi di liquidita’ delle banche spagnole, che hanno le pance piene di asset immobiliari non redditizi.

Salvando il sistema finanziario sono stati aggravati i conti publici di Madrid. Non e’ stato varato nessun intervento deciso sull’eccesso di debiti degli stati, ad esempio con forme di mutualizzazione. “E’ una crisi gemella di banche e debiti sovrani – ha sottolineato a RaiNews 24 l’economista Paolo Guerrieri – Gli interventi sono sempre stati disgiunti e hanno inevitabilmente indebolito l’efficacia”.

Il memorandum e’ gia’ fallito. Rinegoziare e’ una necessita’. Anche un eventuale abbassamento dei costi non fara’ che dare un po’ di respiro e guadagnare tempo. La Grecia non puo’ farcela a queste condizioni. La linea dell’austerita’ e’ inapplicabile e il governo e’ sotto scacco. Il vero compromesso sarebbe impostare un piano di risanamento in tempi e a un prezzo affrontabili. Ma ci vorrebbero anni: Atene dipende dall’Ue e lo dipendera’ ancora per molto tempo se decidera’ restare imprigionata nei tentacoli delle moneta unica.

Per contattare l’autore su Twitter @neroarcobaleno; email daniele@wallstreetitalia.com