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Gheddafi è ancora in Libia, famiglia fuggita in Algeria

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Roma – Muammar Gheddafi e’ fuggito verso sud, a Bani Walid, roccaforte della grande tribu’ Warfalla, 100 km a sud-est di Tripoli, insieme ai figli Saif al-Islam e Saadi. Mentre il resto della famiglia, tranne Khamis, ucciso a sud della capitale, forse assieme al capo dei servizi segreti Abdullah al-Senussi, ma comprese la moglie Safia e la figlia Aisha, che avrebbe appena partorito, si trovano in Algeria: la rivelazione e’ stata fatta stasera all’ANSA da autorevoli fonti diplomatiche libiche e confermata poco dopo, per la parte algerina, dal ministero degli Esteri di Algeri.

Dunque, mentre i ribelli continuano a stringere la morsa militare da est e da ovest su Sirte, citta’ natale del rais, e si trovano a soli 30 km dalla roccaforte del rais, il baricentro della resistenza del colonnello potrebbe essersi spostata verso sud.

Per ora sulla cittadina di Bani Walid, dove sabato e’ stata vista affluire una colonna di 60-80 mezzi militari dei lealisti in ritirata, sui quali, quindi, verosimilmente, c’erano Gheddafi con il figlio-delfino e con quello ex calciatore. Mentre il ventottenne Khamis, temuto sanguinario comandante della 32/esima brigata che ha guidato la resistenza di Tripoli, e’ saltato in aria sulla sua Toyota Land Cruiser blindata 60 km a sud di Tripoli, centrata da un elicottero Apache della Nato, come riferisce SkyNews, oppure ucciso in uno scontro a fuoco con reparti degli insorti, come sostiene il Cnt.

Un suo portavoce, inoltre, ha detto a Al Arabiya che con lui ”quasi certamente” ha trovato la morte anche Abdullah al-Senussi, capo dei servizi segreti del rais che come lo stesso Gheddafi e il figlio Saif al-Islam e’ stato colpito da un mandato di arresto della Corte penale internazionale (Cpi)- Lo spostamento a sud di Gheddafi, secondo l’analisi del Consiglio nazionale di transizione (Cnt) riferita dalle fonti diplomatiche, prefigurerebbe un cambio di strategia da parte del rais.

Il quale, persa ormai inevitabilmente la Tripolitania dopo aver cercato, nelle prime fasi della guerra civile, di dividerne le sorti dalla Cirenaica, gia’ in mano agli insorti, cercherebbe ora di crearsi una base per resistere nel sud, nel Fezzan, quasi interamente compreso nel Sahara, dove potrebbe un domani anche garantirsi una via di fuga verso il Niger o il Ciad. E questo in un certo modo spiegherebbe la profferta di una trattativa sulla transizione, avanzata ieri all’agenzia Ap dal suo portavoce, Mussa Ibrahim.

Un’ipotesi, quella di ”staccare” il Fezzan dal resto del Paese, che il Cnt non prende neanche in considerazione. ”La sfida di Gheddafi alle forze della coalizione (Nato) rappresenta sempre una minaccia, non solo per il popolo libico, ma per il mondo intero”, ha detto oggi il capo del Cnt, Mustafa Abdel Jalil, chiedendo alla coalizione di Paesi impegnati in Libia, i cui capi militari erano riuniti oggi a Doha, nel Qatar, di non desistere dall’azione militare in appoggio all’insurrezione.

Quanto al resto della famiglia, ”la consorte di Muammar Gheddafi, Safia, la figlia Aisha, i figli Hannibal e Mohammad, accompagnati dai loro figli, sono entrati in Algeria alle 08:45 (le 09:45 italiane, ndr) attraverso la frontiera algerino-libica”, ha confermato il ministero degli Esteri algerino in un laconico comunicato.

Secondo le fonti diplomatiche libiche sentite dall’ANSA, l’Algeria avrebbe acconsentito ad accoglierli ”per motivi umanitari”, dal momento che Aisha avrebbe appena partorito. Una motivazione che non e’ bastata pero’ a placare l’ira degli insorti libici: ”Abbiamo promesso di garantire un giusto processo” a Gheddafi e figli, ha detto un portavoce dei ribelli, ”e quindi consideriamo” la protezione accordata loro dall’Algeria alla stregua di ”un atto di aggressione”.

Intanto la vita a Tripoli oggi comincia a ritornare alla normalita’ dopo gli intensi combattimenti e gli orrori dei giorni scorsi, nonostante i raid della Nato siano proseguiti nei dintorni della capitale durante la notte. E nonostante ancora oggi l’Unicef abbia lanciato l’allarme per il rischio di un’epidemia sanitaria senza precedenti per la scarsita’ di acqua potabile nella capitale.

I ribelli sono costretti a far controllare il traffico, tornato caotico, malgrado la scarsita’ di carburante, mentre la Francia oggi ha riaperto la sua ambasciata e la Gran Bretagna si accinge a fare altrettanto, inviando un team del Foreign Office nella capitale.

Nella Libia che combatte e cerca al contempo di costruire il suo futuro, a Bengasi l’amministratore delegato dell’Eni Paolo Scaroni e il Cnt hanno firmato il Memorandum di intesa che permetterà alla compagnia di riavviare il prima possibile le proprie attività nel Paese, a partire dal Greenstream, il gasdotto che porta in Italia il gas libico partendo da Mellitah ed approdando a Gela, chiuso dal 22 febbraio scorso.