Economia

Gas: la Russia chiude i rubinetti all’Italia. E adesso?

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Era ormai chiaro che sarebbe stata una questione di tempo. E così è stato. La Russia ha chiuso i rubinetti del gas all’Italia. L’interruzione delle forniture è ufficialmente stata causata da un problema tecnico, ma il sospetto è che si tratti dell’ennesima ritorsione di Mosca contro le sanzioni europee, anche in vista dell’introduzione di un possibile il tetto al prezzo del gas.

L’azzeramento delle forniture all’Italia dello scorso venerdì 30 settembre, avvenuto a pochi giorni dalle esplosioni che hanno provocato quattro falle nel gasdotto Nord Stream, è stato reso noto da Gazprom all’Eni, con il colosso dell’energia russo che afferma di non “essere in grado di ottemperare agli obblighi necessari per ottenere il servizio di dispacciamento di gas in Austria”, dove dovrebbe consegnarlo. Il problema sembra quindi nell’attraversamento del paese confinante con l’Italia, visto che l’Austria sta continuando a ricevere gas al punto di consegna al confine con la Slovacchia.

Gazprom — da parte sua — ha fatto sapere di essere al lavoro con Eni – titolare dei contratti di fonitura per l’Italia – per risolvere il problema. Per cui non resta che aspettare i primi giorni di questa settimana per capire se si tratta affettivamente di un inconveniente “burocratico”. Lo stop definitivo ai flussi di gas da parte di Mosca è  una paura, in certi casi già diventata realtà , con la quale stanno facendo i conti tutti i Paesi europei. Non solo per il timore di rimanere al freddo, ma anche per l’inevitabile forte impatto sull’economia.

Gas: situazione incerta in vista dell’inverno

In Italia l’offerta di gas russo rispetto a quella complessiva era ormai da qualche tempo inferiore al 10% (dal 40% precedente allo scoppio della guerra). La sospensione delle forniture a Tarvisio, dove arriva il gasdotto Trans Austria Gas Pipeline (Tag), non cambia quindi la situazione in modo significativo.

Almeno ora che temperature sono in tutto il Paese ancora miti. Questo potrebbe diventare un problema mano a mano che ci si avvicina alla stagione fredda. Il piano di sostituzione del gas russo con altri fornitori, Algeria in testa, non sarà sufficiente se ci fosse un inverno particolarmente rigido.

Lo stop rende dunque sempre più urgente l’implementazione del piano portato avanti da Eni di potenziamento e diversificazione delle forniture di gas, al fine di sostituire gli oltre 20 miliardi di metri cubi all’anno importati da Mosca fino allo scorso anno.

In sostituzione alle forniture russe, l’Italia si sta rifornendo prima di tutto dall’Algeria. Dal Paese del Nord Africa arriveranno progressivamente 6 miliardi di metri cubi addizionali da qui al prossimo anno, che raggiungeranno i 9 miliardi tra il 2023 e il 2024, raddoppiando l’import di Eni dall’Algeria da 9 a 18 miliardi di metri cubi all’anno a regime nel 2024.

Questo inverno l’Italia potrà poi contare su circa 4 miliardi di metri cubi addizionali dal nord Europa e sulle prime forniture addizionali di Gnl in particolare dall’Egitto.

Dalla prossima primavera, inoltre, inizierà ad arrivare il gas naturale liquefatto (Gnl) addizionale da Paesi come Egitto, Qatar, Congo, Angola e Nigeria: 4 miliardi nel 2023 e 7 miliardi nel 2024. Cifre destinate a salire ulteriormente, sempre che l’Italia sia pronta ad accogliere il Gnl con il numero sufficiente di rigassificatori,  al centro di polemiche politiche che ora toccherà al centrodestra dirimere.

Cingolani: “Distinguere prezzi e quantità, in Italia stiamo esportando”

Sull’argomento è intervenuto, il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, che a “Mezz’Ora in+” ha spiegato:

“Bisogna distinguere i timori economici-inflattivi per il costo dai timori sulle quantità di gas. In Italia in questo momento stiamo esportando. Oggi ci sono oltre 40 milioni di metri cubi di gas per gli stoccaggi e tra i 18 e i 20 milioni esportati”.

“Nelle prossime 48 ore mandiamo la nostra proposta per ridurre il prezzo del gas e l’obiettivo comune è quello di arrivare al prossimo vertice dei capi di Stato e di governo europei di Praga il 6 e 7 ottobre con “una decina di linee concordate”, ha aggiunto.  L’ipotesi ragionevole, ha ribadito, è quella di “indicizzare il prezzo del gas aggancciandolo a Borse un po’ più stabili” rispetto al TTF, “che non ha nulla a che vedere con la situazione reale e con i meccanismi di domanda offerta. E’ il momento per un indice europeo che sia più veritiero”, ha concluso.