(9Colonne) – Roma, 3 mag – E’ vietato l’accesso ai dati personali dei clienti conservati nella Centrale rischi della Banca d’Italia se non giustificato da legittime esigenze. Il principio è stato ribadito dal Garante per la protezione dei dati personali che ha dichiarato illecito il comportamento di un dirigente di banca che, per scopi personali, aveva fatto controllare la posizione debitoria del cognato. L’Autorità, con un provvedimento di cui è stato relatore Mauro Paissan, ha prescritto all’istituto di credito di adottare misure di sicurezza mirate a contenere i rischi di accesso non autorizzato e di effettuare controlli più tempestivi ed efficaci sulla correlazione tra l’accesso ai sistemi di informazione creditizia e l’esigenza di trattare una pratica che giustifichi, nel rispetto della legge, le interrogazioni alla banca dati. La decisione del Garante è stata presa a seguito di una segnalazione presentata da un ex cliente di una banca con la quale aveva cessato qualsiasi rapporto contrattuale dal 2001. Il cliente, messo a conoscenza che dopo tale data erano stati effettuati da parte dell’istituto di credito accessi alla Centrale rischi della Banca d’Italia relativi alla sua persona e al proprio coniuge, aveva chiesto spiegazioni. L’ente creditizio non aveva fornito idoneo riscontro alla richiesta del cliente, il quale si è quindi rivolto al Garante per vedere tutelati i suoi diritti. E’ risultato anche che, diversamente da quanto dichiarato all’Autorità, la banca non aveva fornito al cliente, a fronte dei chiarimenti da lui richiesti, le vere ragioni dell’accesso illecito e ha pertanto violato il suo diritto ad essere preventivamente informato di ogni trattamento dati che possa interessarlo. L’Autorità ha disposto la trasmissione degli atti alla magistratura per le valutazioni di competenza riguardo agli illeciti penali eventualmente configurabili.
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