Trimestrale nera per Uber. Nel secondo trimestre dell’anno, la società che offre un servizio alternativo al taxi tradizionale ha riportato una perdita record di oltre 5 miliardi di dollari contro quella da 836 milioni dello stesso periodo dell’esercizio precedente, sollevando dubbi sul modello di business dell’azienda.
Il buco da 4,72 dollari per azione non è solo peggiore di quello da 2,01 dollari per titolo del secondo trimestre del 2018, ma è anche decisamente piú profondo di quello da 2,7 dollari ad azione messo in conto dagli analisti.
A pesare sono state le spese legate alla sua Ipo, avvenuta lo scorso maggio, oltre a una competizione crescente. La perdita include 3,9 miliardi di costi sotto forma di titoli vincolati offerti ai dipendenti come compensi congiuntamente allo sbarco in borsa. Al netto di questa e altre voci straordinarie, la perdita è comunque peggiorata (a 656 milioni da 292 milioni) ma è stata più contenuta delle attese (pari a un buco di 977 milioni).
Questo non è bastato per evitare un tonfo del titolo Uber. Nel dopo mercato Uber èarrivato a cedere oltre il 12%. L’azione resta sotto il prezzo di collocamento pari a 45 dollari.
D’altra parte, anche i ricavi hanno deluso pur essendo saliti del 14% annuo a 3,166 miliardi. Il consenso era per 3,32 miliardi. Le corse effettuate nel trimestre sono salite del 35% e le prenotazioni del 31%.
“Sebbene continuiamo a investire massicciamente per la nostra crescita, vogliamo anche che sia una crescita di qualità e in questo trimestre abbiamo fatto progressi in questa direzione”, ha dichiarato il direttore finanziario Nelson Chai in una nota.