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Fintech primo settore in Italia per investimenti del venture capital

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Il fintech è il primo settore in Italia per investimenti del venture capital. Lo certifica l’EY Venture Capital Barometer di EY, lo studio annuale di EY che ha l’obiettivo di analizzare l’andamento degli investimenti di venture capital nelle startup e scaleup italiane. Secondo la ricerca, il settore nel 2022 ha raccolto ben 712 milioni di euro di investimenti, grazie ad alcuni dei round più di successo dell’anno quali Satispay e Scalapay. Secondo l’Osservatorio Fintech & Insurtech della School of Management del Politecnico di Milano, nel nostro paese 630 startup e scaleup fintech e insurtech, di cui 27 costituite da gennaio ad oggi, capaci di raccogliere oltre 900 milioni di euro di finanziamenti nel 2022.

Per EY, gli altri settori più finanziati in Italia dopo il fintech sono stati energy & recycling con circa 346 milioni di euro raccolti, rappresentati quasi interamente da Newcleo. Al terzo e quarto posto, health & life sciences e proptech, rispettivamente con 284 e 172 milioni di euro. In ultima posizione, in netto calo rispetto allo scorso anno per valore degli investimenti, il comparto foodtech con 119 milioni di euro. Le cinque operazioni che nel corso del 2022 hanno raccolto i finanziamenti più consistenti in capitale proprio sono quelle che hanno interessato: Satispay (che nel corso dell’anno ha raccolto 320 milioni di euro); Newcleo (con un investimento pari a 300 milioni di euro); Scalapay (che nel 2022 ha chiuso due round per un totale di 215 milioni di euro); Casavo (finanziata per 100 milioni di euro in equity, oltre ad una consistente quota attraverso linee di credito); MMI (con un investimento di 72 milioni di euro).

Il venture capital in Italia

Nel 2022 gli investimenti in venture capital in Italia hanno raggiunto superato i 2 miliardi di euro (2.080 milioni, per la precisione), in rialzo del 67,3% rispetto ai 1.243 milioni di euro del 2021, in controtendenza rispetto a ecosistemi più maturi in Europa, quali Regno Unito e Germania, dove i volumi investiti sono rimasti sostanzialmente stabili.

[/media-credit] Fonte: EY Venture Capital Barometer 2022

A livello geografico, la Lombardia si conferma il terreno più fertile e promettente per le startup italiane, sia per numero di operazioni (166) che per capitali raccolti dalle proprie imprese (più del 50% della raccolta totale). In generale, tra le regioni che hanno attratto maggiori investimenti Piemonte, Veneto, Toscana e Lazio; meno rassicuranti in generale i dati del Sud e Centro Italia, dove a fronte di un’elevata presenza di società innovative (rispettivamente il 26% ed il 21% delle startup e PMI italiane) si ravvisa una carenza di potenziali investitori. Marco Daviddi, Strategy & Transactions Markets Leader Europe West di EY, ha commentato:

Nel 2022 sono state rispettate le attese e gli investimenti nelle start up e scale up italiane hanno visto un’ulteriore forte crescita. Questo è stato possibile grazie all’impatto di adeguate politiche di investimento pubblico supportate da strumenti di intervento dedicati, che hanno consentito la valorizzazione delle relazioni tra investitori pubblici, privati, università, istituti di ricerca, incubatori e aziende, in grado di favorire processi di innovazione. Siamo ancora lontani dai benchmark internazionali in termini di volumi investiti, ma si conferma il trend positivo registrato negli ultimi anni, specialmente in settori dove le trasformazioni in atto richiedono la revisione piena dei modelli operativi, come il fintech e in ambiti chiave in questo momento storico, come quello della sostenibilità (energy & recycling). In un’ottica prospettica, diverse iniziative, anche connesse al PNRR, tra cui quelle promosse dal Ministero della Università e Ricerca per favorire gli ecosistemi della ricerca e innovazione, perseguono obiettivi che possono consentire al venture capital di raggiungere un ulteriore livello di maturità. Certamente importanti continueranno ad essere il ruolo dei fondi a partecipazione pubblica – che hanno avuto e avranno un importante effetto moltiplicatore, integrandosi con le risorse raccolte dai fondi di venture capital – e quello degli investitori internazionali. Ci aspettiamo, inoltre, che il corporate venture capital assuma una maggiore rilevanza, ponendosi come ulteriore modello di ricerca e innovazione, a servizio e supporto del processo di crescita del nostro Paese”.

Gianluca Galgano, startup and venture capital leader di EY in Italia, ha aggiunto:

Un altro passo in avanti per il venture capital del nostro Paese che infrange nel 2022 la soglia dei 2 miliardi di euro di capitali raccolti dalle nostre giovani aziende innovative, esattamente dieci anni dopo l’introduzione dello Startup Act, la prima legge italiana ad offrire un quadro di riferimento per il settore. A favorire questo risultato per il nostro ecosistema, è stata la presenza di numerosi maxi-round, ovvero singole operazioni di raccolta superiori ai 100 milioni di euro che hanno visto l’interesse di molti investitori internazionali, i cui capitali rappresentano circa il 40% della raccolta complessiva, con una crescita degli investimenti di oltre il 50% rispetto al 2021. Fondamentale nel corso del 2022 è stato anche il ruolo delle grandi aziende che hanno incrementato i loro sforzi con proprie iniziative di corporate venture capital offrendo nuove ed ulteriori possibilità di fundraising”.

Il venture capital in Europa

[/media-credit] Fonte: EY Venture Capital Barometer 2022

Nei principali paesi europei, dopo anni di crescita vertiginosa, nel 2022 si è registrata un breve frenata degli investimenti del venture capital. Tuttavia, gli investimenti in venture capital a livello pro-capite restano su livelli molto più alti rispetto a quelli dell’Italia. Galgano ha concluso:

“In Italia l’investimento pro-capite sul venture capital nel 2022 è di 35 euro, contro i 61 euro della Spagna ovvero i circa 150 euro investiti pro-capite dai vicini francesi e tedeschi. Lontanissimo il Regno Unito i cui investimenti pro-capite sono pari a 369 euro. Esiste quindi un margine di crescita molto significativo e se saremo in grado di unire le forze per colmare questo gap, si potranno effettivamente sviluppare progettualità in grado di incidere sulla competitività del nostro Paese”.