Economia

Eurozona, segnali allarmanti dalla Germania

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BRUXELLES (WSI) – Non fosse per la frenata tedesca, l’area euro potrebbe veramente incominciare a credere in una ripresa dell’attività economica e in particolare di quella manifatturiera. Gli ultimi dati dell’indice Pmi sono una chiara indicazione del fatto che la crescita del settore abbia preso slancio in ottobre.

L’indicatore dell’Eurozona si è attestato a 52,3 punti dai 52 di settembre. Niente di eccezionale ma una serie di paesi ha registrato miglioramenti che fanno ben sperare. L’Italia ha registrato un incremento che non si vedeva da tre mesi. Ormai non dovrebbe essere più una notizia, ma il settore industriale francese ha fatto peggio di Italia e anche Spagna nel mese scorso.

L’indice PMI manifatturiero di casa nostra è salito a 54,1 punti, dai 52,7 punti di settembre, a conferma di come il settore abbia confermato la propria fase di espansione per il nono mese consecutivo. Gli economisti di Markit, che ha fornito i dati, sottolineano come la crescita sia sotto il profilo interno che internazionale sia propizia per una ripresa sostenibile.

POTENZE FRANCIA E GERMANIA AL PALO

Anche produzione, nuovi ordini e occupazione sono stati superiori alle cifre preliminari per il blocco a 29 nel suo complesso. Il dato negativo è venuto invece dalla Germania, proprio lei, la locomotiva d’Europa. L’attività manifatturiera, così come misurata nell’indice di Markit, è scivolato a quota 52,1 il mese scorso, in calo dal 53,2 di settembre.

È presto per dire che l’economia si sta indebolendo, ma si può incominciare a temere che stia entrando in una fase di rallentamento della crescita. A prescindere dalle prime considerazioni a caldo, Oliver Kolodseike, economista di Markit, è convinto che ci siano effettivamente dei “segnali allarmanti” nei dati.

“Le scorte di beni finiti sono aumentate per la prima volta in un anno, un segnale che ci si può aspettare che una potenziale domanda crescente in futuro sia soddisfatta dall’offerta esistente, senza portare a un aumento dei livelli di produzione”.

“Inoltre la crescita è stata per gran parte trainata dai consumi, con la performance che è stata decisamente migliore del settore dei beni e degli investimenti aziendali, che hanno invese accusato una contrazione”.

I dati vengono interpretati con un certo ottimismo dal mercato con gli investitori che ragionano grossomodo così: l’attività non è abbastanza positiva da far desistere Mario Draghi, che in dicembre finirà per premere ancora il grilletto del fucile del Quantitative Easing, come promesso nell’ultima conferenza stampa successiva alla decisione di politica monetaria della Bce.