Società

Europa: il vero problema sono Italia e Francia

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LONDRA (WSI) – Ossessionati come sono dalla crisi greca, i mercati stanno perdendo di vista i problemi di Francia e Italia, che rischiano di fare deragliare definitivamente l’intera Europa. Sono rischi che vengono colpevolmente ignorati da burocrati ed economisti benspensanti.

Lo sostiene Satyajit Das in un editoriale apparso sul Financial Times, in cui vengono citati i soliti fattori di rischio: crescita anemica, debito elevato, disoccupazione, finanze pubbliche disastrate, mancanza di competitività e incapacità di apportare i cambiamenti necessari.

Il calo dei prezzi energetici, dei tassi di interesse e dell’euro, tutti elementi resi possibile dalle droghe monetarie della Banca Centrale Europea, hanno aiutato le economie della seconda e terza economia dell’area euro ma non riescono comunque a nascondere problemi strutturali ancora irrisolti.

Una settimana fa il Wall Street Journal ricordava che “il rischio Grecia pesa” sull’economia italiana “più che sugli altri partner”.

L’economia italiana è sprofondata in una crisi decennale, con il Pil che è calato del 10% dal 2007 a oggi, passando da una recessione all’altra. La disoccupazione è sopra il 12% mentre il tasso dei giovani senza lavoro è al 44%. È da 15-20 anni che la situazione è drammatica e Parigi e Roma continuano invano a promettere di riformare i rispettivi sistemi economici e industriali.

Sia per l’Italia sia per la Francia si tratta di problemi da considerare “strutturali piuttosto che attribuibili alla crisi del debito nell’euro”. La mancanza di competitività non è aiutata di sicuro dalla moneta unica forte. Negati della possibilità di svalutare la lira o il franco, “negli ultimi tempi i due paesi hannof atto affidamento sulle spese pubbliche per mantenere alti l’attività economica e gli standard di vita”.

Il tempo ora è agli sgoccioli e si rischiano “conseguenze gravi per le due nazioni, per il progetto europeo e per gli investitori nei titoli azionari e del debito italiano e francese”.

Fonte: Financial Times

(DaC)