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E il ministro Zanonato spinge Fiat all’estero

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MILANO – “Se l’alternativa era un lento declino mi pare meglio quello che abbiamo visto accadere”. Così il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, intervenendo a L’aria che tira su La7, commenta le decisioni del Lingotto, che dopo aver raggiunto il 100% di Chrysler ha annunciato la fusione delle due realtà nel gruppo Fca, che avrà sede legale in Olanda, quotazione principale a New York e domicilio fiscale nel Regno Unito.

Per Zanonato “l’importante è che si continui a produrre in Italia”. Ha però sollevato molte polemiche il fatto che la nuova distribuzione delle sedi comporti importanti vantaggi fiscali, a danno delle casse dell’Erario tricolore.

Sulla questione dell’imposizione, Zanonato ha ricordato che “la tassa sugli utili la Fiat non l’ha pagata (pur avendo la sede in Italia, ndr) perchè non ne ha fatti. Nel sistema con Chrysler conta di farne”.

In ogni caso, ha poi ribadito, “l’importante è che la ricerca sia in Italia, la produzione in Italia, gli ingegneri siano italiani e paghi le tasse sulla produzione in Italia”. Quindi, ha concluso, “sarebbe stato meglio se avesse tenuto la sede in Italia, ma peggio se avesse chiuso”.

Il
ministro ha anche affrontato un altro dossier caldo sul suo tavolo: quello di Electrolux, la multinazionale svedese che è in trattativa con i sindacati per un piano di pesanti tagli agli stipendi, pena la delocalizzazione della produzione verso Paesi dove il lavoro costa meno. “Quando si fa una battaglia la si fa convinti di poterla vincere. Io sono fiducioso perchè penso che il prodotto che si fa in Italia è un prodotto di alta qualità e siamo bravi a fare elettrodomestici”, ha detto Zanonato. “Vogliamo chiudere la partita senza che si chiudano gli stabilimenti”, ha aggiunto.

Rispetto alle critiche rivoltegli per aver convocato in ritardo il tavolo con azienda e sindacati, e alla richiesta di dimissioni da parte del governatore del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, Zanonato ha spiegato: “Come mi sono arreso alla congiura mediatica sul muro di Via Anelli a Padova, adesso mi arrenderò sul fatto che sono partito in ritardo”. Il tavolo, ha ribadito, “deve essere richiesto dai sindacati, non lo chiedo io. Ho incontrato la proprietà mesi fa, ho incontrato Serracchiani, i lavoratori a Trieste, tutto questo è successo mesi fa. Il tavolo non lo convoco io, me lo chiedono le parti. Non è l’arbitro che li chiama”.

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da La Repubblica – che ringraziamo – esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

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