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Disoccupazione in Europa: troppe le differenze. Cosa fa l’Italia?

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La disoccupazione in Europa ha ormai sostituito lo spread come “hot topic” delle discussioni da bar e, sinceramente, non sono così sicuro che sia un grande passo avanti, anzi.

Attualmente il tasso di disoccupazione dell’Europa dei 27 si assesta al 10,9%, decisamente troppo elevato; ma risulta ancor più incomprensibile se ne consideriamo gli estremi: si passa dal 4,9% dell’Austria al demoralizzante 26,8% di Spagna e Grecia. Differenze ingiustificate e ingiustificabili all’interno dell’Unione Europea, area nata per il libero scambio commerciale, per creare un unico mercato del lavoro, per favorire lo sviluppo e ridurre le diseguaglianze.

Andare alla radice del problema è difficile e sarebbe il primo passo verso la soluzione dello stesso. Purtroppo, però, i Paesi che formano l’Unione Monetaria Europea (UME) hanno mercati del lavoro troppo diversi tra loro per poter identificare delle cause comuni.

Per quanto riguarda l’Italia, ad esempio, possiamo puntare il dito verso la lentezza e la pesantezza del sistema burocratico, che letteralmente “ingessa” i rapporti di lavoro, stroncando quella dinamicità che rende (o che dovrebbe rendere) competitiva l’occupazione. Proprio riguardo questo argomento in questo vecchio post tessevo le lodi della flexicurity” danese. Se a questo aggiungiamo anche le recenti riforme del sistema del lavoro, introdotte in un periodo di forte recessione economica, ecco che otteniamo parte di quella miscela esplosiva che porta il tasso di disoccupazione a crescere a ritmo sostenuto.

Ma torniamo ad allargare lo sguardo all’intero continente. Il grafico seguente ci fornisce la variazione del tasso di disoccupazione totale, comprendente, cioè, tutta la popolazione in età lavorativa, dal 2010 ad oggi. Occhio alle sorprese!

Variazione del tasso di disoccupazione in Europa, per Paese (dal 2010 a oggi)
Variazione del tasso di disoccupazione in Europa, per Paese (dal 2010 a oggi)

Passiamo ora a considerare quella componente della disoccupazione che più preoccupa i cittadini europei: i lavoratori tra i 16 e i 25 anni.

Lasciamo parlare (o piangere?) il grafico:

Variazione del tasso di disoccupazione giovanile in Europa, per Paese (dal 2010 a oggi)
Variazione del tasso di disoccupazione giovanile in Europa, per Paese (dal 2010 a oggi)

Come si può notare, l’ordine dei Paesi è sostanzialmente lo stesso e vede i soliti PIGS in prima fila, in compagnia di Cipro (la cui storia ormai la conosciamo piuttosto bene).

Quello che dovrebbe lasciarci con l’amaro in bocca è il fatto che sono decisamente di più i Paesi che hanno subìto un aumento della disoccupazione.

I dati storici dimostrano come in realtà la disoccupazione giovanile sia sempre cresciuta (o diminuita) in linea con quella totale (con le dovute proporzioni) e lo stesso sta succedendo in questi anni di crisi economica. Niente di cui preoccuparsi, quindi?

Be’, non proprio!

In tutta Europa i giovani sono la categoria di lavoratori che sta pagando il prezzo più salato della recessione, vuoi per un mercato del lavoro praticamente paralizzato, vuoi per riforme del lavoro miopi che non mirano a generare crescita economica.

A tutto ciò si accoda la questione “istruzione”, quantomeno per il nostro Paese: le ultime manovre finanziarie non si sono tirate indietro dallo sfoltire in modo piuttosto randomico i fondi destinati alla scuola, pubblica o privata che sia, influendo spesso (o sempre?) in modo negativo sulla competitività dei giovani italiani.

Il problema c’è, la soluzione?
Enrico Letta ha parlato di disoccupazione giovanile come:

«…l’incubo che attanaglia la nostra società, le nostre famiglie»

e si è speso tanto in sede europea quanto all’interno del nostro Parlamento affinché fosse messa al centro delle agende politiche.
I risultati non si sono fatti attendere e a livello nazionale è stato approvato un nuovo piano per il lavoro che prevede un fondo da € 794 milioni destinato proprio a favorire l’assunzione dei giovani.

All’ultimo Consiglio Europeo, il nostro Premier ha fatto valere la propria voce, trovando il pieno supporto anche di Angela Merkel, per la messa a punto di un piano europeo, che prevede fondi destinati all’Italia per un totale di € 1,5 miliardi, di cui un intero miliardo verrà speso nel prossimi due anni.
Stessa linea operativa per il governo spagnolo di Mariano Rajoy, che però è riuscito a strappare all’Unione Europea una cifra che dovrebbe variare tra € 1,5 e 2 miliardi, in tranche di 6-800 milioni ogni anno (secondo quanto riportato da El Paìs), proprio per combattere la disoccupazione dei più giovani.

Insomma, pare che in Europa ci sia quantomeno la volontà di arginare il fenomeno. I primi provvedimenti (oltre alle solite dichiarazioni), anche. Ora resta da sperare nell’efficacia di queste decisioni, per i nostri giovani e per le pensioni di chi non è più giovane.