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Criptovalute, cresce l’interesse di fondi pensione e investitori istituzionali

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Secondo le nozioni che comunemente orientano l’investimento a lungo termine, il peso delle criptovalute in portafoglio non dovrebbe assumere, per essere diplomatici, una grande rilevanza. Essendo un oggetto particolarmente imprevedibile, sarebbe difficile assegnare ad asset come il Bitcoin un ruolo chiaro in portafogli come quello finalizzato al risparmio pensionistico.

Ma dopo la spettacolare accelerazione delle critptovalute a partire dalla seconda metà del 2020, alcuni investitori istituzionali, compresi i fondi pensione, sarebbero pronti a mettere in discussione lo storico scetticismo nei confronti di questi prodotti finanziari.

L’ultimo segnale, in ordine di tempo, è arrivato dal nuovo ceo di Greyscale, Michael Sonnenshein, una delle società d’investimento mainstream più attive nell’acquisto di criptovalute:

“Abbiamo iniziato a vedere una partecipazione attiva non solo da parte degli hedge fund, che c’erano già da tempo, ma anche di altre istituzioni, pensioni e assicurazioni”, ha detto a Bloomberg lo scorso 7 gennaio, “anche le dimensioni delle loro allocazioni stanno crescendo rapidamente”.

Grayscale gestisce dieci fondi, uno dei quali focalizzato sul Bitcoin. L’importanza di questo player è tale che si calcola che il 3% di tutti i Bitcoin in circolazione siano detenuti proprio da Greyscale. I fondi di Grayscale operano come trust che detengono crescenti depositi criptovalute che non sono convertibili dagli investitori: i titolari possono vendere le loro quote sul mercato secondario. Un meccanismo che di fatto tende a rendere a rimuovere dalla circolazione Bitcoin, un asset la cui offerta è già programmaticamente controllata.

Criptovalute, cresce l’interesse degli investitori istituzionali

Lo scorso luglio una ricerca Evertas condotta su 50 investitori istituzionali britannici e Usa i cui asset in gestione superavano i 78 miliardi di dollari aveva dato nuovi segnali di curiosità nei confronti di Bitcoin e simili.

Il 26% dei fondi pensione, assicurativi e family offices prevede di incrementare “drasticamente” i propri investimenti di criptovalute nei prossimi cinque anni, mentre il 64% dello stesso campione si limiterà a un incremento “leggero”. Per gli hedge fund, i fondi tradizionalmente più aggressivi, le due percentuali sono rispettivamente 32 e 48%.

Le ragioni di chi resta cauto

La platea degli scettici, tuttavia, conta ancora nomi di rilievo. “Essendo quasi impossibile prevedere un rendimento atteso per Bitcoin, la sua volatilità rende l’asset quasi ‘non investibile’ dal punto di vista del portafoglio”, ha affermato Gerald Moser, capo stratega presso Barclays Private Bank.

“Con picchi di volatilità che sono multipli di quelli tipicamente sperimentati da asset di rischio come azioni o petrolio, molti probabilmente eliminerebbero la criptovaluta da qualsiasi portafoglio in una tipica ottimizzazione della varianza media”, ha aggiunto Moser. Il Bitcoin, secondo Barclays è “più simile a un fenomeno di bolla piuttosto che a una decisione di investimento razionale e a lungo termine” dal momento che “la performance della criptovaluta è stata principalmente guidata dagli investitori al dettaglio che si sono uniti a un rally apparentemente insostenibile piuttosto che dal denaro istituzionale che investe a lungo termine”.