(Teleborsa) – Per ogni euro speso dai consumatori per l’acquisto di alimenti oltre la metà (il 60 per cento) va alla distribuzione commerciale, il 23 per cento all’industria di trasformazione e solo il 17 per cento per remunerare il prodotto agricolo. E’ quanto emerge dall’analisi presentata in occasione dell’Assemblea nazionale della Coldiretti dalla quale si evidenzia che il prezzo di un prodotto aumenta piu’ di cinque volte dal campo alla tavola per colpa delle distorsioni e delle speculazioni lungo la filiera. Nonostante i successi raccolti dal made in Italy agroalimentare all’estero, dove crescono le esportazioni (+10 per cento nel primo trimestre del 2010), e in Italia, dove tengono i consumi, il settore agricolo vive una situazione di difficoltà che non dipende solo dalla crisi generale – ha sottolineato il presidente della Coldiretti Sergio Marini davanti ai quindicimila agricoltori presenti -. Stiamo vivendo infatti – ha precisato – i drammatici effetti di quelli che sono i due furti ai quali è sottoposta giornalmente la nostra agricoltura: da una parte il furto di identità e di immagine che vede sfacciatamente immesso in commercio cibo proveniente da chissà quale parte del mondo come italiano; dall’altra il furto di valore aggiunto che vede sottopagati i nostri prodotti agricoli senza alcun beneficio per i consumatori. Gli inganni del finto Made in Italy sugli scaffali riguardano – riferisce la Coldiretti – due prosciutti su tre venduti come italiani, ma provenienti da maiali allevati all’estero, ma anche tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro che sono stranieri senza indicazione in etichetta, oltre un terzo della pasta ottenuta da grano che non è stato coltivato in Italia all’insaputa dei consumatori, e la metà delle mozzarelle non a denominazione di origine che sono fatte con latte o addirittura cagliate straniere, come ha confermato il recente allarme per la mozzarella blu. Lo stesso Garante per la concorrenza, Antonio Catricala’, nella relazione annuale ha chiesto di ampliare il raggio di intervento dell’Antitrust in favore delle piccole e medie imprese, ”esposte alle stesse scorrettezze che colpiscono i consumatori”. I nuovi poteri forti della filiera agroalimentare come la grande distribuzione commerciale sfruttano il loro potere di mercato nei confronti degli agricoltori, che in molti casi non riescono a coprire i costi di produzione, ed è quindi necessario, secondo Coldiretti, un intervento nei confronti di un comportamento commerciale lesivo della concorrenza lungo la catena di approvvigionamento alimentare. Allo strapotere contrattuale dei nuovi forti dell’agroalimentare la Coldiretti è però impegnata a reagire direttamente con il progetto operativo per una “Filiera agricola tutta italiana” che ha come obiettivo di sostenere il reddito degli agricoltori eliminando le distorsioni e tagliando le intermediazioni con l’offerta attraverso la rete di consorzi agrari, cooperative, farmers market, agriturismi e imprese agricole di prodotti alimentari al cento per cento italiani firmati dagli agricoltori al giusto prezzo. Le prime dieci cose fatte nell’ambito del progetto sono state presentate nel corso dell’Assemblea nazionale della Coldiretti e riguardano dal via al più grande circuito europeo di Farmers market alla nascita con Consorzi Agrari d’Italia (CAI) della prima e più importante holding italiana degli agricoltori, dalla commercializzazione della prima pasta dei coltivatori italiani all’avvio della prima e piu’ grande società di trading europea dei cereali di proprietà degli agricoltori, dalla sottoscrizione del piu’ grande contratto europeo di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili da biomasse tutte italiane all’accreditamento di circa mille nuovi punti di vendita diretta di Campagna Amica al mese.
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