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Cina, sanzioni Usa mettono in ginocchio colosso tech

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Una delle maggiori società tecnologiche cinesi, la Zte, sta pagando duramente il blocco imposto dal Dipartimento del Commercio Usa, che vieta all’azienda l’utilizzo di componenti americani fino al 2025. Alla base della decisione, adottata lo scorso aprile, è la negligenza della Zte nel non punire i dipendenti che avevano violato le restrizioni commerciali verso la Corea del Nord e l’Iran. Il titolo azionario è sospeso dagli scambi dallo scorso 16 aprile. Secondo il New York Times la nuova “guerra fredda tecnologica” fra Usa e Cina vede in quest’azienda la sua prima vera vittima. Non è una caduta di poco conto: fondata nel 1985, la Zte fattura 17 miliardi dollari, impiega 75mila persone, opera in oltre 160 Paesi ed è il quarto marchio per vendite di smartphone negli Stati Uniti.

 

Secondo Washington, la società avrebbe, fra le altre cose, utilizzato un elaborato sistema per vendere in Iran merci prodotte in America, per poi mentire e cancellare e-mail nel momento in cui il Dipartimento del Commercio Usa aveva iniziato a indagare sul caso.
“A livello di mercato interno, potrebbero aver fatto alcune cose non in linea con gli standard, e poi, quando è arrivato il momento di internazionalizzare, potrebbero aver agito in modo del tutto scorretto”, ha commentato Gu Wenjun, capo analista di ICwise, società di ricerche di mercato di semiconduttori a Shanghai, “per altre aziende che si chiedono come seguire le regole e gestire i rischi interni, penso che questa vicenda servirà da sveglia”, ha proseguito.
Secondo il Nyt, “le sanzioni contro Zte sembrano punire in modo esemplare la determinazione di Pechino nel voler potenziare i produttori cinesi di microchip, che hanno faticato a tenere il passo con i leader dell’industria globale nonostante il sostegno dello stato”.