Economia

Cina ribatte ancora a Soros, ma non convince

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MILANO (WSI) -L’atterraggio della Cina sarà molto più morbido di come molti analisti lo aspettano, a partire dalla previsione, espressa qualche settimana fa, da George Soros, che aveva dichiarato di “osservare” una Cina in pericoloso rallentamento. A farlo sapere è il presidente della Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme della Cina, Xu Shaoshi: il Dragone dovrebbe crescere almeno a un ritmo del 6,5% per i prossimi cinque anni. Il 2015 è stato archiviato con un +6,9%, il ritmo di crescita più contenuto degli ultimi 25 anni.

La Cina non avrà assolutamente un atterraggio duro, le cosiddette previsioni di hard-landing sono destinate a decadere”, ha dichiarato Shaoshi durante una conferenza stampa.

Settimane fa Pechino aveva lanciato un avvertimento contro Soros, accusanto di orchestrare “una guerra contro lo yuan”.

Shaoshi si è detto fiducioso, rispondendo alla domanda di un giornalista sulle previsioni nefaste di Soros, sulla capacità di ripresa della Cina e ha affermato che i timori secondo cui l’economia cinese starebbe provocando danni alla crescita globale “non sono giustificati”.

Detto questo, tuttavia, proprio nel corso del Congresso del Partito, le previsioni per il 2016 sono state riviste al ribasso: in un range compreso tra il 6,5% e il 7%, contro il +7% circa atteso inizialmente per quest’anno. Un taglio delle stime che non è stato accolto con favore dai mercati, che tra l’altro non si fidano del tutto dei numeri che vengono snocciolati dalle autorità del paese.

Shaoshi non ha negato la portata delle sfide: i rischi ci sono, sia dal fronte geopolitico che dai mercati, ancora incerti. Ma la Cina è pronta a sostenere politiche macroeconomiche destinate ad aumentare consumi e livelli stabili di commercio estero, così come a portare avanti la ristrutturazione dell’economia..

La Cina è stata spesso accusata di aver impattato, con le sue vulnerabilità sia i mercati internazionali sia di aver innescato un rallentamento generale della domanda a causa del rallentamento delle sue attività economiche. Xu ha ribaltato tali prospettive affermando che la Cina resta un motore del Pil globale: una propulsione che ha spinto la crescita per il 15% (73 milioni di miliardi di dollari) contro il 24% degli Stati Uniti.

In particolare Shaoshi mette in evidenza che la Cina ha visto crescere il volume delle sue importazioni, così come degli investimenti diretti in entrata non finanziari (Fdi); e sui mercati aggiunge, sono stati sopravvalutati gli spill-over effects che un calo dei mercati cinesi può avere sulle piazze del resto del mondo.

Per rispondere alle esigenze di riforma, Pechino ha già messo in conto 100 miliardi di yuan per ricollocare migliaia di lavoratori dall’industria pubblica del ferro, dell’acciaio e del carbone.