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Casta: altro che tagli, Palazzo Chigi riassume 50 dirigenti

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ROMA (WSI) – A Palazzo Chigi già la chiamano spending rewind, storpiando il termine-chiave del governo Monti. Evocano il nastro che si riavvolge, per vedere sempre lo stesso film. Quello dei 50 dirigenti della presidenza del Consiglio, decaduti il primo novembre causa indispensabili tagli e i risparmi, che adesso già starebbero rientrando alla spicciolata e senza dare nell’occhio, con gli stessi incarichi e gli stessi stipendi di prima.

Costano ognuno alla pubblica amministrazione tra i 150 e i 250mila euro l’anno ed era stato annunciato con grande clamore un risparmio di circa 14 milioni di euro, grazie al decreto legge in vigore da metà agosto, che prevede l’utilizzazione di risorse interne per ridurre i costi.

Invece pare che proprio a Palazzo Chigi la spending review che doveva tagliare gli incarichi ai dirigenti esterni si sia trasformata in una sospensione temporanea di appena due mesi. Raccontano che alcuni dei 50 interessati non abbiano neppure restituito il tesserino d’accesso, né salutato amici e colleghi, sicuri di rientrare al più presto al loro posto.

E, in effetti, i primi di loro dall’inizio di gennaio già sono di nuovo nell’ufficio appena lasciato. È bastata la lettera di richiesta del segretario generale, di un ministro o un sottosegretario per richiamarli indietro. Con tale celerità che alcuni ministeri, come quello del Lavoro, hanno risposto alla domanda con un certo imbarazzo, sottolineando di aver appena riassegnato un incarico all’interessato che dopo appena poche settimane già veniva di nuovo «comandato». Un tira e molla assurdo.

Nelle scorse settimane aveva destato sospetto la pubblicazione sulla rete interna della presidenza del Consiglio dei posti vacanti, con descrizione particolareggiata dei profili dei dirigenti richiesti, che apparivano così ad personam da scoraggiare le domande di altri. «Quasi una fotografia dei dirigenti decaduti – spiega Alfredo Macrì, presidente del sindacato indipendente della presidenza del Consiglio – sono usciti dalla porta e rientrati dalla finestra, senza che nessuno degli interni potesse sperare di competere. Il fatto è che se non si tagliano gli uffici risultano lo stesso posti vuoti, che in realtà sono assolutamente inutili, perché le stesse mansioni potrebbero tranquillamente essere assegnate a personale interno. Basta pensare che abbiamo un dirigente ogni 6 persone. Lavorano a Palazzo Chigi e nelle 20 sedi distaccate in 4.000, compresi 700 militari e abbiamo circa 450 dirigenti di prima e seconda fascia: solo 250 sono di ruolo e tutti gli altri esterni o comandati da altre amministrazioni».

Macrì ha scritto il 19 dicembre a Mario Monti una lettera aperta per denunciare quello che stava succedendo e rivolgere una serie di imbarazzanti domande. Nessuna risposta. E l’operazione, nel silenzio generale, è andata avanti.

«Dopo soli due mesi – scriveva Macrì al premier – dalla cessazione degli incarichi, ha iniziato a conferire nuovamente incarichi, per giunta gli stessi e alle stesse persone e magari di staff (studio e ricerca)… Predicare bene e razzolare male non è, di questi tempi, un buon biglietto da visita. Qual è allora il senso di tale comportamento? Dov’è l’annunciato risparmio? Che senso ha ridurre i dirigenti di ruolo per «nominarne» altri da fuori? Cos’è questo se non spreco e clientela?».

Qualcuno potrebbe pensare ad un colpo di coda del governo Monti che, né più e né meno di quelli passati e alla faccia della bandiera del nuovo rigore, prima di chiudere i battenti pensa a sistemare gli amici.

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