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Caos Messico: proteste violente per aumento costo benzina

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CITTA’ DEL MESSICO (WSI) – Chiuse le stazioni di servizio e molte strutture appartenenti alla compagnia petrolifera statale della Pemex. Il Messico vive una stagione di proteste contro l’aumento dei prezzi della benzina del 20%  imposti dal Governo all’inizio di quest’anno. Per la maggior parte le proteste son state pacifiche ma in alcune zone è esplosa la rabbia e la violenza fino ai saccheggi.

A Città del Messico un poliziotto è stato ucciso mentre cercava di fermare alcuni saccheggiatori in un grande magazzino: un bilancio che è salito a 6 vittime e più di 1500 arresti. Proteste particolarmente accese nello Stato della Baja California e nella sua capitale, Tijuana.

Qui i dimostranti hanno occupato strutture del Pemex e bloccato tratti autostradali importanti per cinque giorni consecutivi, mettendo a secco ben 240 stazioni di rifornimento della città. Tra gli slogan usati dai manifestanti anche quelli contro il presidente messicano Enrique Peña Nieto. Uno studente di legge durante le proteste a Tijuana ha esclamato:

“Peña non è il mio presidente. Ha realizzato riforme stupide che hanno prodotto solo danni ai cittadini mentre ne hanno beneficiato politici e classi privilegiate. Quelli che nonostante i feriti hanno avuto solo una piccola parte di ciò che gli spetta”.

A Rosarito Beach, città costiera a sud di Tijuana per cinque giorni manifestanti hanno bloccato un importante impianto della Pemex mettendo a secco tutta l’area e dopo cinque giorni di agitazioni si è consumato uno scontro tra polizia e manifestanti fino a quando sabato scorso un camion si è riversato sugli agenti provocando 8 feriti di cui due in forma grande. La polizia è riuscita comunque a fermare la protesta e a far riprendere l’attività della Pemex.

Ma non è stato solo l’aumento dei prezzi della benzina ad aver indignato l’opinione pubblica, è stata piuttosto la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Membri del partito del presidente sono coinvolti in vari scandali di corruzione: da qui la rabbia popolare a cui si aggiungono le difficoltà economiche che permangono con un livello di povertà che tra il 2008 e il 2014 è salito dal 44,3 al 467,2%. Da qui la decisione del governo di aumentare i prezzi del carburante ha portato all’esasperazione la politica arrivando così ad un punto di rottura indelebile con la classe politica dirigente.

Fonte: Business Insider