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Campi Flegrei, cosa sta succedendo? Facciamo il punto

Si susseguono le scosse di terremoto nell’area dei Campi Flegrei. L’ultima ha avuto luogo alle 8.52 del 25 giugno scorso, con epicentro alla Solfatara di Pozzoli. Il sisma si è generato a una profondità di 1,76 chilometri ed è stato avvertito nella parte alta di Pozzuoli e ad Agnano. L’ultimo bollettino settimanale dell’Osservatorio Vesuviano ha censito 50 terremoti solo dal 12 al 18 giugno 2023. Intanto, serpeggia la preoccupazione tra le popolazioni residenti nella zona per il rischio di una possibile eruzione. Ma cosa sta succedendo? Dobbiamo preoccuparci? Facciamo chiarezza sulla situazione attuale e sui suoi possibili sviluppi.

La situazione attuale dei Campi Flegrei

“La situazione rispetto all’anno scorso è stazionaria. Ci sono stati dei mesi nel 2022 eventi con sismicità simile a quella degli ultimi tempi e anche velocità di sollevamento analoga. E’ aumentato il numero di terremoti di bassa magnitudo: negli ultimi mesi ci sono state alcune centinaia di scosse al mese, ma quelle di magnitudo sopra 2 sono state meno di 10. Anche se abbiamo assistito a un rialzo del 20% circa del numero di scosse, questo non indica variazioni nello stato del sistema. La possibilità di eruzione dipende soprattutto dalla disponibilità di magma. Attualmente non abbiamo evidenze di magma che stia risalendo. Attraverso i nostri sistemi possiamo captare variazioni significative di stato, legate alla risalita di magma, che ora non ci sono”, rassicura ai nostri microfoni Mauro Di Vito, direttore dell’Osservatorio Vesuviano dell’Ingv (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia).

I dati sui terremoti dell’ultimo mese (25 maggio-25 giugno 2023) contano 559 terremoti, contro i 217 del gennaio 2023 e i 661 del maggio 2023. Interpellato da noi in proposito, Di Vito afferma:

“I terremoti localizzabili per magnitudo nell’ultimo mese sono stati 310, l’81% dei quali di magnitudo inferiore a 1. Il loro aumento è riconducibile alla diminuzione della velocità di sollevamento suolo a fine anno, per cui abbiamo minore fratturazione delle rocce. Tuttavia, il numero di terremoti da solo non non ha significato perché altri parametri come quelli geochimici non sono cambiati”.

Da non dimenticare poi il sollevamento del suolo. il Rione Terra di Pozzuoli, nei Campi Flegrei, si è “sollevato” di 1,02 metri da novembre 2005 al gennaio 2023, ha rilevato la stazione Gnss del Rione Terra di Pozzuoli. Il direttore dell’Osservatorio Vesuviano illustra:

“Il sollevamento del terreno è legato a una spinta di una sorgente situata tra 3 e 4 km di profondità. Si tratta di una sorgente piccola di fluidi idrotermali, unita a una componente di magma così piccola da non essere rilevabile. La deformazione del suolo è dovuta a una forte risalita di gas, che trova strati di roccia impermeabile, quindi non riesce a risalire in superficie, spinge e deforma. Tuttavia, le evoluzioni di questa deformazione potrebbero diventare nel tempo precursori di un evento vulcanico. Ecco perchè siamo sempre attenti rispetto all’evoluzione della situazione”.

L’ultima super-eruzione dei Campi Flegrei

L’ultima super-eruzione nell’area è avvenuta 40 mila anni; negli ultimi 15 mila anni ci sono state 2 eruzioni di tipo pliniano, simili a quelle di Pompei. La più recente è stata quella di Monte Nuovo, di dimensioni piccole e risalente al 1538, la cui cenere tuttavia è arrivata a Napoli. Un recente studio sulla deformazione del suolo nei Campi Flegrei condotto dall’Ingv attesta che quell’eruzione fu preceduta da un’intensa attività del suolo prima nell’area di Pozzuoli e poi nell’area della futura bocca eruttiva, che si sollevò di 20 metri. I modelli matematici “hanno evidenziato che durante l’eruzione c’è stato un trasferimento di magma tra una sorgente posta a circa 4 km di profondità verso la bocca eruttiva di Monte Nuovo e che nel periodo successivo connotato dal sollevamento del suolo, questo fenomeno si è ripetuto a causa della risalita di nuovo magma, senza però che raggiungesse la superficie. Tale fenomeno è stato definito eruzione abortita“, spiega De Vito. Inoltre “la porzione di magma eruttato nel 1538 è un centesimo circa di quella che si è accumulata sotto il vulcano tra il 1250 e il 1650. Questo fatto evidenzia la forte capacità del sistema flegreo di trattenere il magma, eruttando una porzione minima”, afferma un altro autore della ricerca, Valerio Acocella, dell’Università Roma Tre.

Cosa potrebbe succedere ai Campi Flegrei

“La storia ci dice che quasi tutte le eruzioni nella zona dei Campi Flegrei sono state esplosive e dominate dall’interazione tra acqua e magma, che genera le esplosioni. Durante l’esplosione questa miscela di gas e frammenti di magma può muoversi in superficie formando flussi piroclastici, ossia nubi di gas molto calde che scorrono alla velocità di 15 km/h”, racconta Di Vito.

La zona rossa è quella a cui possono arrivare i flussi piroclastici, simile a quanto accadde a Ercolano. In quest’area, lo scorrimento di flussi piroclastici ucciderebbe le persone. Non ci si può difendere, si può solo fuggire, per cui la zona dovrebbe essere evacuata, come prevede il piano d’emergenza. Fanno parte della zona rossa i comuni di Pozzuoli, Bacoli, Monte di Procida e Quarto, per intero; parte dei Comuni di Giugliano in Campania, di Marano di Napoli e alcune municipalità del Comune di Napoli. Nell’area vivono circa 500 mila abitanti. “Tutta zona rossa dovrà essere evacuata prima dell’evento, non potendo stabilire dove si formerà la bocca eruttiva”, sottolinea il direttore dell’Osservatorio Vesuviano.

Un altro fenomeno che può accadere è la caduta di particelle dall’alto, che possono ricoprire suolo e infrastrutture, con uno spessore decrescente man mano che ci allontaniamo dalla zona eruttiva. In caso di eruzione molto potente, la cenere può arrivare agli Appennini. La nube si muoverà a seconda di dove spirerà il vento al momento dell’evento. “Ogni giorno all’Osservatorio Vesuviano prevediamo dove potrebbe finire la nube. In base a tali previsioni, abbiamo definito la zona gialla nel piano di emergenza”, precisa Di Vito. Nella zona gialla rientrano i Comuni di Villaricca, Calvizzano, Marano di Napoli, Mugnano di Napoli, Melito di Napoli e Casavatore e 24 quartieri del Comune di Napoli. Nell’area vivono oltre 800 mila abitanti.

Nella zona gialla, ci sarebbero problemi di resistenza al carico di cenere sui tetti. Inoltre, la cenere crea problemi alla respirazione e al funzionamento dei motori a scoppio, oltre che alla circolazione aerea e a tutte le infrastrutture, perché sarebbe difficile camminare per strada con 20 cm di cenere per terra.

Inoltre, ai Campi Flegrei possono verificarsi particolari fenomeni esplosivi legati al coinvolgimento di acqua esterna, noti come esplosioni freatiche, in aree con intensa attività idrotermale (area Solfatara/Pisciarelli), o dove esistono attualmente significative disponibilità di acqua superficiale, quali ambienti lacustri (Agnano), laghi intra-craterici (Averno) e mare (Golfo di Pozzuoli).

Da uno studio probabilistico effettuato – che ha considerato gli ultimi 5 mila anni di attività dei Campi Flegrei – è emerso che, in caso di riattivazione del vulcano, si avrebbe circa il 95% di probabilità che si verifichi un’eruzione minore o uguale a quella di taglia media.

Il piano di evacuazione della Protezione Civile

Attualmente, l’Osservatorio Vesuviano invia i dati di monitoraggio della situazione dei Campi Flegrei alla Protezione Civile. La definizione dei livello di allerta per i Campi Flegrei avviene in una cabina di regia, composta da Osservatorio Vesuviano, Protezione Civile, Commissione Grandi Rischi (che fa capo al Ministero degli Interni) e Ministero della Protezione Civile. I livelli di allerta sono 4:

  • verde;
  • giallo;
  • arancione;
  • rosso.

Attualmente il livello è giallo, con l’associata fase operativa di “attenzione”. Una volta dichiarata la fase di “preallarme”, le persone possono spostarsi solo autonomamente, ricevendo un contributo economico da parte dello Stato. Alla dichiarazione di “allarme”, tutta la popolazione deve abbandonare la zona rossa in autonomia o assistita nell’arco di 3 giorni. In caso di modalità assistita, si può ricorrere a uno schema di gemellaggio, che prevede il trasferimento della popolazione dei Comuni in zona rossa nelle Regioni e Province autonome italiane. Chi si sposta in autonomia, dovrà seguire i percorsi stradali di uscita dalla zona rossa stabiliti nel piano di allontanamento.