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Broker assicurativi, più soluzioni e meno prodotti

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Per capire come sta cambiando l’attività di questi professionisti abbiamo parlato con Luca Franzi de Luca, presidente dell’Aiba

Luca Franzi de Luca, presidente Aiba
Luca Franzi de Luca, presidente Aiba

Dott. de Luca, i broker assicurativi hanno sempre operato in ottica di servizio al cliente. Con la direttiva Idd cosa cambia per questa figura professionale?

La direttiva Idd avrà efficacia a partire dal 1° ottobre ma, al momento di andare in stampa, è ancora difficile delinearne con precisione gli effetti a causa dell’articolata normativa di secondo livello ancora in fase di emanazione. L’obiettivo, del tutto condivisibile, è di garantire ai consumatori un livello di tutela uniforme, indipendentemente dal canale di acquisto utilizzato. Il timore è che alla fine si risolva tutto in un aggravio di obblighi burocratici che nulla aggiungerebbero alla tutela dei consumatori, sottraendo invece tempo e risorse alla consulenza personalizzata che è l’attività core dei broker che accompagnano i clienti lungo un percorso prospettico di mitigazione dei rischi. Un fattore di cambiamento importante è l’inserimento del “contratto semplice” che potrà essere distribuito senza consulenza dalla nuova figura degli “intermediari accessori” introdotta dalla Idd. Questo può rappresentare un problema perché il contratto assicurativo è complicato per definizione ed è quindi evidente il potenziale danno al consumatore conseguente alla distribuzione di prodotti senza consulenza in un Paese non ancora sufficientemente sviluppato in cultura del rischio”.

Come si è evoluto il vostro lavoro negli ultimi anni? Sono cambiare le richieste dei clienti?

“Lo scenario del brokeraggio è mutato molto negli ultimi 20 anni e il broker è diventato un intermediario di soluzioni e non di prodotti. Le tante operazioni di m&a nel settore assicurativo hanno notevolmente ridotto il numero delle compagnie e sono sempre di meno gli interlocutori validi con i quali confrontarsi. A sua volta la clientela si è evoluta, è diventata più esigente e sofisticata. Ferma restando la forte pressione sul prezzo, gli sforzi fatti dai broker per coinvolgere i clienti in una strategia di mitigazione dei rischi hanno favorito la richiesta di servizi sempre più avanzati che vanno ben oltre l’intermediazione: oggi il broker è diventato il consulente integrale dell’intera sfera del rischio”.

Quali sono le principali richieste dei vostri associati?

“Lo scorso anno abbiamo avviato una survey che aveva tra i suoi obiettivi quello di intercettare le esigenze degli associati. È stata un’attività faticosa che ha richiesto 8 mesi di indagini per completare il primo step che ha ottenuto una redemption di circa il 50%, un risultato decisamente significativo che conferma le attese di risposta degli associati. In estrema sintesi, si chiede di continuare a usufruire tramite Aiba, di tutta una serie di servizi e programmi di formazione di elevata qualità, indispensabili per lo sviluppo dell’attività professionale. Oltre ad attendersi, anche per il futuro, una forte attività di lobbying ci si attende che l’Aiba svolga un ruolo di guida nell’attuale processo di cambiamento e di far fronte comune davanti al mercato assicurativo”.

Vi spaventa l’interesse crescente delle banche commerciali per la vendita di polizze in filiale e la concorrenza delle vendite online?

“Non siamo spaventati. Il mercato assicurativo è in piena fase di trasformazione. Le infinite possibilità offerte dal mondo insurtech fanno prefigurare, da parte delle compagnie, un graduale processo di disintermediazione dei canali tradizionali a favore di nuovi strumenti distributivi. La conseguenza sarà di creare un eccesso di offerta che genererà confusione nei consumatori. Non esiste un contratto assicurativo semplice e per una scelta consapevole è indispensabile il supporto di un broker di assicurazioni Aiba, capace di evidenziare in maniera dettagliata le caratteristiche delle soluzioni individuate, condividendo punti di forza e criticità, come le franchigie e le esclusioni. Considerata l’evoluzione del mercato credo che i broker abbiano la grande opportunità di intermediare la disintermediazione, facendo leva proprio sulla loro natura consulenziale”.

Come sarà l’attività del broker del futuro?

“Il broker non vende un prodotto e non si limita a proporre polizze standard delle diverse compagnie, ma costruisce soluzioni ad hoc che vengono aggiornate sulla base delle nuove esigenze emergenti. Incide quindi profondamente nell’identificazione di una soluzione cautelativa, attraverso il suo bagaglio di conoscenze tecniche e dei mercati internazionali. Le società di brokeraggio dovranno quindi attrezzarsi dal punto di vista tecnologico per connettersi con il cambiamento in corso in modo da continuare a reperire soluzioni e offrire servizi di assoluto valore”.

Su quali rami ci sarà maggiore attenzione?

“Cyber risk e welfare aziendale sono i due segmenti destinati al più rapido sviluppo. Il cyber risk è il rischio più delicato e complesso del nuovo millennio, ancora oggi poco conosciuto. In molti lo confondono con la vecchia polizza elettronica, mentre in realtà riguarda tutti i processi gestiti dai software che nell’epoca dell’industry 4.0 tendono a essere sempre più invasivi nell’organizzazione aziendale. Parliamo di un rischio che nel solo 2017 ha provocato in Italia danni per circa 10 miliardi di euro. Il mercato assicurativo fatica a quantificare il rischio cyber e tende a inserire delle limitazioni nelle coperture tradizionali danni ai beni e responsabilità civile che escludono le lesioni e i danni causati dal malfunzionamento, doloso o meno, dei software a governo dei processi. Tuttavia non basta sottoscrivere una polizza cyber per risolvere il problema, in quanto nella maggioranza dei casi, vengono i esclusi proprio i danni riconducibili alle coperture property & casualty. L’Aiba si sta impegnando molto su questo punto, al fine di avviare un dialogo tra le parti per colmare questo evidente gap che potrebbe avere ripercussioni incalcolabili sul patrimonio produttivo, con impatti consistenti anche sui livelli occupazionali del nostro Paese”.

L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di settembre del mensile Wall Street Italia