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Borse: metà Piazza Affari è in mano agli stranieri

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NEW YORK (WSI) – Metà dei titoli quotati a Piazza Affari è in mano agli stranieri. Lo si deduce da un rapporto del centro studi dell’associazione Unimpresa sull’andamento del valore delle aziende italiane emerge che, a giugno del 2015,  il peso degli azionisti esteri nella società quotate a Piazza Affari ha superato per la prima volta la metà del valore complessivo, toccando il 51,1% rispetto al 44,3% a giugno dell’anno precedente.

Con una capitalizzazione di borsa delle Spa quotate cresciuta del 7% a circa 545,6 miliardi complessivi nel periodo considerato, la fetta in mano agli esteri è salita a 278,7 miliardi con un aumento annuale del 23,3%, il più alto rispetto a quello registrato dalle altre categorie di azionisti.

“Finora le quote estere non avevano mai superato la soglia del 50%”, si legge in una nota dell’associazione. “Prendiamo atto che l’Italia è terra di conquiste e oltre la metà delle Spa quotate tricolori è in mani straniere”, commenta nella nota il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi.

“Se da una parte va valutato positivamente l’aumento del valore delle imprese italiane, dall’altro bisogna guardare con attenzione la presenza degli stranieri e capire fino a che punto si tratta di investimenti utili allo sviluppo e dove finisce, invece, l’attività speculativa”, aggiunge.

Dal rapporto su Piazza Affari emerge inoltre un altro dato interessante. Nello stesso periodo preso in considerazione, e’ diminuito il peso delle partecipazioni in mano alle imprese, passato al 19,7% dal 25,4% del totale, mentre le banche hanno mantenuto una forte presenza con il 10%.

I privati (famiglie), invece, controllano quote pari al 12,5% del totale, in leggero ribasso dal 12,8% del 2014, mantenendo una presenza predominante (43,7%).

In quest’ultimo caso gli stranieri controllano il 25,8% del valore totale.

Arretra la presenza dello Stato che ha nel suo portafoglio titoli azionari quotati italiani per 15,7 miliardi (il 2,9% del totale), in discesa dai 16,8 miliardi (3,3% del totale) di un anno prima.