(9Colonne) – Roma, 1 ott – “L’illusione di Dio”, “Trattato di ateologia”, “Corso accelerato di ateismo”: se questa è davvero, come spesso si sostiene, l’epoca del ritorno delle religioni, allora qualcuno dovrebbe avvertire le librerie, che ostinatamente continuano ad esporre titoli come quelli citati. E se invece, contrariamente alle sbrigative diagnosi di molti analisti, si fosse piuttosto di fronte ad un “ritorno degli atei”? O forse revival religioso e nuovo ateismo fanno parte di un unico orizzonte culturale in cui “tutto si tiene”? Sia come sia, l’editoria italiana sembra di recente invasa da volumi che si pongono in maniera critica verso il ruolo sociale della religione o contro i suoi stessi contenuti di natura teologica, dottrinale e filosofica. Nella classifica dei venticinque libri più venduti questa settimana dall’importante portale di vendite on line www.internetbookshop.it figurano ben tre saggi di impostazione ateo-razionalistica. In diciassettesima posizione troviamo ad esempio il volume del noto scienziato Richard Dawkins intitolato “L’ illusione di Dio. Le ragioni per non credere”, (Mondadori). Dawkins, noto per la sua visione dell’evoluzione basata sulla nozione dell’“egoismo del gene”, sostiene una tesi semplice: Dio non esiste e la fede in esso è illogica, sbagliata e potenzialmente mortale. Poche posizioni più in basso nella classifica di Ibs troviamo invece il saggio di Piergiorgio Odifreddi lapidariamente intitolato “Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici)”, (Longanesi). Il matematico e storico della scienza ribalta la tesi di Benedetto Croce, che nel 1944 dava alle stampe il suo “Perché non possiamo non dirci cristiani”, e lo fa attingendo direttamente alle sacre scritture. Più politico-sociale è invece il discorso portato avanti da Christopher Hitchens nel suo “Dio non è grande. Come la religione avvelena ogni cosa” (Einaudi), in cui partendo dall’attualità politica e dallo “scontro di civiltà” in atto si conclude che la religione non genera che oscurantismo, superstizione, intolleranza, senso di colpa e terrore verso la sessualità. Ma nelle librerie si trovano anche “Rompere l’incantesimo” di Daniel Dennett (Raffaello Cortina), che inquadra la religione in una inedita chiave “evoluzionistica”, il “Trattato di ateologia” di Michel Onfray (Fazi), che indaga la “fisica della metafisica” ispirandosi a Bataille, e “Lo spirito dell’ateismo” di André Comte-Sponville (Ponte alle Grazie), che intende illustrare i lineamenti di una “spiritualità senza Dio”. Più “pedagogica” l’impostazione del saggio di Antonio López-Campillo e Ignacio Ferreras, che pubblicano con Castelvecchi un “Corso accelerato di ateismo”. Un approccio diverso è invece quello adottato da un interessante saggio uscito nel 2006 (“Babbo Natale, Gesù adulto. In cosa crede chi crede?”, Bompiani), in cui il filosofo torinese Maurizio Ferraris, dimostra come molti sedicenti credenti non conoscano neppure l’Abc del catechismo della fede che dicono di praticare e che, anzi, in termini teologici la maggior parte di loro sia piuttosto marcionita, monofisita, manichea, nestoriana, ortodossa, protestante o… musulmana.
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