Economia

Bando musulmani in vigore, Silicon Valley infuriata con Trump

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Donald Trump, che ha chiarito come con la sua agenda politica protezionista “America First” sarebbe stata più difficile per gli stranieri ottenere un visto di ingresso negli Stati Uniti, ha cantato vittoria dopo la decisione della Corte Suprema sul ‘muslim ban’ da lui imposto.

Accogliendo la richiesta di esaminarne la costituzionalità della misura anti musulmani, i giudici hanno ripristinato una parte dell’ordine esecutivo del presidente Trump che prevedeva lo stop momentaneo agli ingressi da sei paesi a maggioranza musulmana, già fermato da due diversi tribunali d’Appello.

I cittadini dei sei stati indicati nell’ordine del presidente, soprannominato “muslim ban“, Iran, Somalia, Sudan, Yemen, Siria e Libia, potranno entrare in Usa solo se hanno collegamenti o relazioni negli Stati Uniti (parenti, lavoro). In tutti gli altri casi, chi richiede un visto e non ha un familiare o un lavoro negli Usa può essere “respinto”. Questo fino a questo autunno, quando i nove giudici valuteranno se il muslim ban del presidente americano sia o meno incostituzionale.

“La decisione unanime di oggi della Corte Suprema è una vittoria chiara per la nostra sicurezza nazionale” ha commentato in una nota a caldo il presidente americano Donald Trump.

La decisione dei giudici, che in realtà apre la porta alla incostituzionalità del divieto se qualcuno riuscirà a dimostrarlo, sta facendo inevitabilmente salire le tensioni tra l’amministrazione a Washington e le aziende della Silicon Valley, che impiegano ingegneri, tecnici, informatici, scienziati e altri dipendenti provenienti dai paesi messi al bando.

La riforma delle politiche di immigrazione preoccupa le big americane dell’hi-tech come Apple, Google e Facebook. Un’altra questione fondamentale che potrebbe infliggere un duro colpo alla Silicon Valley è la notizia emersa la settimana scora secondo cui il governo a Washington sta rivedendo la nuova politica dei visti per le startup, che dovrebbe entrare in vigore tra qualche giorno, a luglio.

In un incontro alla Casa Bianca il CEO di Apple Tim Cook ha avvisato Trump che i dipendenti del settore tecnologico sono nervosi sull’approccio che sta tenendo l’amministrazione nei confronti delle politiche migratorie, in uno slancio isolazionista e protezionista che allarma anche i fautori delle libertà sociali ed economiche.

Il programma di visti per le startup proposto nell’agosto del 2016 dall’amministrazione Obama offre agli imprenditori stranieri che vogliono avviare un’attività negli Stati Uniti la possibilità di ottenere un permesso temporaneo di soggiorno nel paese e di ricevere da investitori americani qualificati capitali da utilizzare per la loro impresa.

“Non posso permettere alle persone che vogliono farci del male di entrare nel nostro Paese. Voglio le persone che possono amare gli Stati Uniti e tutti i suoi cittadini e che saranno lavoratori duri e produttivi” ha dichiarato il Commander in chief Trump.

Oltre ai gruppi della Silicon Valley a insorgere sono come era prevedibile anche le associazioni a tutela dei diritti umani. “Questo bando contro musulmani e rifugiati è ingiustificato, è anti-americano e noi faremo di tutto nei tribunali e nelle strade per fare in mondo che venga ritirato” ha dichiarati Steven Choi, direttore della Coalizione per l’immigrazione.