Economia

Banche venete, Intesa Sanpaolo salva (quasi) tutti

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Sì, ma ad alcune condizioni. Dopo le voci dei giorni scorsi, Intesa Sanpaolo ha dato il suo via libera e si è detta pronta all’acquisto di alcune attività e passività delle due banche venete, dietro pagamento di un corrispettivo simbolico. Ma Intesa ha posto diverse condizioni per delimitare il suo campo di intervento: non acquisterà i crediti deteriorati, quelli in bonis ad alto rischio, bond subordinati e partecipazioni e rapporti giuridici considerati non funzionali. Sono esclusi, poi, gli aumenti di capitale.

Quanto ai crediti deteriorati, pari a circa 10 miliardi di euro, essi dovrebbero essere invece separati in una bad bank. Intesa Sanpaolo ha detto anche che servirebbe una legge che garantisca la neutralità dell’operazione rispetto al Common Equity Tier 1 ratio e alla dividend policy del gruppo. In seguito all’annuncio ieri i titoli della prima banca per capitalizzazione d’Italia salivano così come quelli del resto del settore bancario e in particolare Unicredit, Ubi Banca, Banco BPM e Pop Emilia.

L’acquisizione dovrà prevedere la copertura degli oneri di integrazione e razionalizzazione e la sterilizzazione di oneri, rischi e impegni che dovessero emergere, relativi alla gestione delle due banche precedente alla cessione. Un decreto legge da convertire in tempi rapidi è atteso per l’inizio della prossima settimana.

Il rilievo delle good bank di Popolare Vicenza e Veneto Banca ha incontrato il favore dei sindacati perché permette di evitare i licenziamenti fra i circa 10 mila dipendenti delle due banche. Fabi, First Cisl, Uilca e Fisac hanno approvato l’intesa. La possibilità di una soluzione per le banche venete ha portato Intesa a chiudere al rialzo del 2,45%.

Banche venete, salvataggio potrebbe costare 5-6 miliardi allo Stato

Secondo Renato Brunetta, presidente dei deputati di Forza Italia, l’operazione di salvataggio “di sistema” potrebbe costare allo Stato fino a 5-6 miliardi di euro.  “Nelle ultime ore è avvenuta una decisa accelerazione verso la conclusione della drammatica vicenda che vede coinvolte Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza, due tra i più importanti istituti di credito della Regione Veneto. Banca Intesa ha infatti presentato all’advisor Rothschild una proposta di acquisto simbolica (1 euro) della parte sana degli asset dei due istituti: sportelli, crediti in bonis e personale dipendente, dichiarando però di non essere interessata alla parte più rischiosa. Dopo il tramonto dell’opzione “ricapitalizzazione precauzionale” alla quale il Tesoro stava pensando per scongiurare il rischio del bail-in, è questa l’unica soluzione rimasta sul tavolo del Governo, anche perché nessun altro si è fatto avanti per l’acquisto degli istituti”.

“Se l’operazione di Intesa si perfezionasse, ed è molto probabile che ciò avvenga, il Tesoro – prosegue Brunetta – sarebbe obbligato a farsi carico della “bad bank”, ovvero del veicolo societario da istituire ad-hoc nel quale fare confluire i crediti inesigibili e le sofferenze, previo azzeramento di tutti gli azionisti e gli obbligazionisti subordinati. Fonti di stampa riferiscono che, alla fine, il conto per il Tesoro, e quindi per i contribuenti italiani, potrebbe toccare la cifra monstre di 5-6 miliardi di euro, oltre al miliardo e mezzo di risparmi degli italiani che andrebbero in fumo”.

Anche in questa vicenda, conclude Brunetta, “il ministro Padoan ha di fatto sbagliato tutto quanto poteva sbagliare. Dichiarava che la situazione era sotto controllo, che i contatti con le autorità europee proseguivano positivamente e poi, all’improvviso, il radicale cambio di rotta. Da questa storia uscirà un solo vincitore, Banca Intesa, ringraziando il cielo che almeno si tratta di una banca italiana. Tutti gli altri ci perdono: clienti, azionisti, obbligazionisti, dipendenti delle due banche, imprenditori veneti, Tesoro e contribuenti italiani”.