Economia

Banche italiane: sono loro che chiedono più fondi alla Bce

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Roma – Le banche italiane, guidate da Unicredit, sarebbero in cima alla graduatoria dell’utilizzo dei finanziamenti a tre anni lanciati a dicembre dalla Banca centrale europea.

Lo sostiene il Financial Times citando una ricerca della banca d’affari Morgan Stanley senza citare tuttavia dati organici relativi ad altri Paesi dell’eurozona. Secondo il quotidiano britannico Unicredit avrebbe ricevuto dalla Bce 12,5 miliardi, seguita da Intesa San Paolo (12 miliardi) e dal Monte dei Paschi di Siena (10 miliardi).

Le unice cifre riguardanti istituti di altri Paesi sono relative alla britannica Rbs, che ha ricevuto 5 miliardi attraverso la sua consociata olandese.

Intanto oggi sarà un giorno particolarmente concitato per il settore bancario europeo. Le banche italiane, chiamate dall’Eba a rafforzare i coefficienti patrimoniali (Core Tier 1 al 9% entro giugno 2012) andranno infatti da Bankitalia per presentare i piani di rientro all’interno del perimetro fissato dall’autorità di regolamentazione.

Secondo quanto riporta Milano Finanza, al governatore Ignazio Visco, i dirigenti di Ubi Banca, Banco Popolare e Mps diranno che non sono necessari nuovi aumenti di capitale.

Né Mps né BP procederanno a ricapitalizzare: i deficit di capitale verranno compensati attraverso cessioni/joint venture (circa 50bps per ciascuna banca), ottimizzazione di RWA e per BP passaggio a Basilea 2 e conversione del prestito SMC. “A meno che l’Eba non ammorbidisca la sua posizione secondo noi è difficile pensare che entro giugno si possano concretizzare tutte le azioni di rafforzamento su cui le banche intendono contare”, osservano però gli esperti di Equita.

Comunque, tra le banche citate, il Banco Popolare per gli esperti di Intermonte rimane quella con il deficit di capitale più ampio, ma si ricorda che l’Eba sembra voler ammorbidire le proprie posizioni. Separatamente, nella notte, è stato siglato un accordo definitivo sul contratto nazionale dei bancari (2012-2014). Infine, per quanto riguarda il decreto liberalizzazioni, tra le novità di cui si parla c’è la creazione di un conto corrente base e l’obbligo di presentare alla clientela più polizze assicurative per mutuo casa. Per le liberalizzazioni comunque gli analisti non si aspettano impatti pesanti.

Gli istituti di credito italiani devono guardarsi le spalle da ben altro. Per Kepler, infatti, risentiranno dell’impatto della recessione sulla qualità del credito e sui ricavi, mentre il rischio sovrano e la crescente regolamentazione incidono sul capitale, suggerendo ritorni minori e una diluizione degli azionisti.

In una nota raccolta dall’agenzia Mf DowJones, per tener conto dello scenario recessivo, del costo elevato del funding, ma anche dei benefici dei fondi a basso costo Bce, della riforma fiscale e delle pensioni il broker ha tagliato le stime di ricavi 2012-2013 del settore bancario italiano del 3,3%, aumentando le previsioni sugli accantonamenti su perdite su crediti del 7%. Questo porta a un taglio delle stime sugli utili del 23,6%.

In media la valutazione delle banche italiane scende del 14%, ma comunque la valutazione aggregata indica un margine di upside del 6%. “Suggeriamo di restare cauti sulle banche italiane”, dichiarano gli esperti di Kepler, secondo cui le basse capitalizzazioni riflettono tra gli altri aspetti i deboli ritorni, difficilmente modificabili in tempi di recessione, e la maggior regolamentazione.

Kepler non trova catalizzatori positivi in vista, eccetto un sollievo di breve termine sul fronte della percezione del rischio sovrano o un eventuale posticipo delle scadenze Eba. Alla fne conferma Intesa Sanpaolo quale top pick, ma taglia il target price da 1,6 a 1,5 euro, abbassa il rating di Ubi Banca da buy a hold e il target da 3,4 a 2,9 euro e di Bper e Banco Popolare da hold a reduce con target rivisti da 6,4 a 5,4 euro e da 1,15 a 0,8 euro rispettivamente.

Su Unicredit il giudizio resta hold, ma anche in questo caso il prezzo obiettivo scende da 9,5 a 3,5 euro fully diluted. Kepler consiglia poi l’acquisto (buy) di Mediobanca con un target a 5,8 euro e mantiene, infine il rating reduce sulla Popolare di Milano (-0,48% a 0,3759 euro) con un target anch’esso ritoccato da 0,32 a 0,30 euro.