(Teleborsa) – “Durante la crisi le nostre banche non hanno tirato i remi in barca, in attesa che il ciclo ripartisse”. E’ questo il passaggio introduttivo del discorso del Presidente dell’ABI, Corrado Faissola, all’assemblea annuale. Faissola ha anche aggiunto che le banche “hanno operato per contrastare la recessione, in un contesto segnato da una decisa riduzione della domanda di credito per investimenti”. “I dati aggregati – sottolinea Faissola – dicono tre cose rilevanti: siamo riusciti ad evitare il credit crunch; abbiamo sopportato un aumento significativo delle sofferenze, contribuendo così in misura importante a pagare il conto che la crisi ha imposto al Paese; abbiamo comunque mitigato, tenuto conto dell’intensità dello shock macroeconomico, il peggioramento della qualità dell’attivo”. Il Presidente dell’ABI ricorda anche che nella recessione recente, l’incremento del rischio creditizio dei finanziamenti concessi al totale dei residenti è stato pari a circa la metà di quello registrato durante la fase recessiva ‘92-‘93. Si tratta di una conferma che negli anni scorsi sono migliorate le capacità delle banche di selezionare i prenditori di fondi. La congiuntura del credito offre oggi segnali incoraggianti. Il credito alle famiglie, dopo una fase di decelerazione durata fino agli inizi del 2009, ha ricominciato a crescere, anche per effetto dei mutui. Alla fine di maggio risultava in aumento del 7,8% su base annua, oltre la media dell’Area euro. Nello stesso tempo, si è attenuato il ritmo di contrazione dei finanziamenti alle imprese (-1,5%), mentre è tornata positiva dopo molti mesi la variazione trimestrale degli impieghi al complesso del sistema produttivo (società non finanziarie e famiglie produttrici). Per contro, il deterioramento della qualità del credito sta rappresentando uno dei più pesanti lasciti della crisi. A maggio le sofferenze al netto delle svalutazioni erano pari a 38 miliardi di euro, oltre 16 miliardi in più rispetto a fine 2008; in rapporto agli impieghi totali risultano pari al 2,14%, in crescita di circa 90 punti base. Il contributo maggiore all’aumento della rischiosità deriva dai finanziamenti interni, mentre l’indicatore di rischio complessivo dell’esposizione delle banche verso l’estero risulta più basso di quello medio dell’Area euro e di quello di Francia e Germania. Per concludere, Faissola fa un cenno agli stress test. “Le indicazioni finora disponibili sui risultati degli stress test che si stanno conducendo confermano l’elevato grado di resistenza dell’industria italiana a shock macrofinanziari, eccezionali ma plausibili”.
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