Economia

Carige: ristrutturazione è un “de profundis”, crescono esuberi

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Da 400 a 630 milioni l’aumento di capitale in Banca Carige e 1.250 esuberi tra esodi concordati e prepensionamenti. Questi i numeri del piano di ristrutturazione delineato per la banca ligure dai commissari straordinari Innocenzi, Lener e Modiano dopo una chiusura di bilancio in perdita di 272,8 milioni.

Il piano prevede di raggiungere il pareggio già nel 2020 e si articola in tre fasi: nell’immediato (2019) il definitivo derisking degli attivi e il rafforzamento patrimoniale, nel breve termine (fine 2019-inizio 2020)  il raggiungimento del pareggio di bilancio e nel medio-lungo termine (2020-2023) una profittabilità sostenibile. Secondo Modiano – come riporta MilanoFinanza – il progetto è stato fatto assumendo l’ipotesi stand-alone anche che “ma si lavora a business combination”.

E in tema di fusione, per i commissari la data x sarà a giugno. La banca ligure dovrebbe ricevere le offerte degli acquirenti interessati entro aprile e poi chiudere il processo di aggregazione il mese successivo o, comunque, nel primo semestre. Esprimono tutta la loro amarezza i sindacati.

Speravamo in un rilancio, invece questo è un de profundis perché quando si parla di taglio degli sprechi ma i tagli si traducono in spaventose riduzioni di occupati e di servizio al territorio, significa far venire meno la funzione sociale della banca”.

Questo il commento del segretario generale di First Cisl, Riccardo Colombani.

Sullo sfondo leggiamo lo svuotamento delle strutture centrali, lo scaricamento di responsabilità su una rete impoverita di risorse, una mobilità territoriale insostenibile: tutto questo è inaccettabile e a maggiore ragione lo sarebbe il ricorso a forme di costrizione all’uscita del personale. Ci domandiamo quale fiducia possa destare una banca che punti solo sulla porzione più ricca della clientela, abbandonando le famiglie ed esternalizzando perfino la produzione dei mutui, e su un numero selezionato di aziende medio-piccole, negando il pieno sostegno all’economia locale, già a rischio per la decisione di praticare una vendita massiva di crediti deteriorati che può mettere definitivamente in ginocchio le imprese in difficoltà”.