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Assistenti digitali, quali rischi per la privacy? 7 consigli per evitarli

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Oggi si parla molto di Chat GPT e dei chatbot, un software che simula ed elabora le conversazioni umane permettendo agli utenti di interagire con i dispositivi digitali come se stessero comunicando con una persona reale. Prima c’erano solo gli assistenti virtuali di Google e Amazon, come Alexa e Siri, con cui ogni giorno dialoghiamo nelle nostre case chiedendo qualsiasi cosa e che rendono la nostra abitazione smart a 360 gradi.

Ma gli assistenti virtuali rispettano la privacy? A dare la sua visione proprio l’Authority per la protezione dei dati personali che ha lanciato una campagna di comunicazione istituzionale finalizzata a promuovere i temi della protezione dei dati, della privacy e dell’educazione digitale.

Con il titolo “Finalmente un po’ di privacy” la campagna segue una narrazione in cui il Garante, impersonato da un attore, interviene in diverse situazioni quotidiane in aiuto alle persone che vedono insidiata la propria privacy e i propri dati personali.

Dall’uso delle app alle frodi digitali, dal cyberbullismo al revenge porn, dal telemarketing selvaggio agli assistenti digitali, dai dati sanitari alla profilazione e all’uso delle password, il Garante è sempre pronto a mettere in guardia dai rischi di un uso improprio dei dati e a indicare le forme di tutela. Il claim finale “Se proteggi i tuoi dati proteggi stesso” è un invito ad essere sempre più consapevoli del “valore della privacy”.

La campagna, finanziata dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy con il fondo a vantaggio dei consumatori, si snoderà in una serie di spot, lungo un periodo che coprirà anche i primi mesi del 2023.

Assistenti digitali e privacy

Soffermandoci proprio sugli assistenti digitali, il Garante ricorda che per essi si intendono particolari software, ormai molto diffusi e installati su vari dispositivi (li troviamo, ad esempio, nei nostri smartphone, nelle auto, nelle case sotto forma di “altoparlanti intelligenti”), che tramite intelligenza artificiale riescono a “conversare” con le persone che li utilizzano.

Gli assistenti digitali possono raccogliere e memorizzare una grande quantità di dati personali – non solo relativi all’utilizzatore diretto, ma a chiunque si trovi nello stesso ambiente – riguardanti, ad esempio:

  • scelte, preferenze e abitudini relative a stili di vita, consumi, interessi, ecc.;
  • caratteristiche biometriche, come ad esempio quelle della voce e del volto, se dotati di videocamera;
  • geolocalizzazione (posizione, percorsi abituali o frequenti, domicilio, indirizzo del posto di lavoro, ecc);
  • numero e caratteristiche (età, sesso, ecc.) delle persone che si trovano nell’ambiente in cui operano;
  • stati emotivi.

E’ quindi opportuno, scrive l’Authority, cercare di utilizzare in modo informato e consapevole questi strumenti, per tutelare in modo adeguato i nostri dati personali e quelli di tutte le persone che entrano, volontariamente o meno, nel campo di azione degli assistenti digitali.

I consigli del Garante per usare gli assistenti virtuali

L’Authority sul suo sito snocciola una serie di consigli per gli utenti che hanno a che fare con gli assistenti digitali.

  1. Se per attivare l’assistente digitale o le eventuali app di gestione è necessario registrarsi fornendo dati personali, è bene leggere con attenzione l’informativa sul trattamento dei dati personali, che deve sempre essere disponibile, ad esempio sul sito dell’azienda che offre il servizio o nella confezione del dispositivo in cui è installato lo smart assistant (smartphone, altoparlante intelligente,ecc.).
  2. Non dire troppe cose allo smart assistant: quando si attiva per la prima volta lo smart assistant è meglio fornire solo le informazioni specificamente necessarie per la registrazione e attivazione dei servizi ed eventualmente utilizzare pseudonimi per gli account, soprattutto se riferiti a minori. In generale, si potrebbe decidere di evitare che questi ultimi possano utilizzare o smart assistant, impostando password o impronte vocali che limitano l’accesso al servizio solo a specifici utenti adulti.
  3.  Disattiva l’assistente digitale quando non lo usi: quando è acceso ma non viene utilizzato, l’assistente digitale è  in uno stato detto di passive listening, una sorta di “dormiveglia” da cui esce non appena sente la parola di attivazione che abbiamo scelto.
  4.  Decidi quali funzioni dell’assistente digitale mantenere attive: se  l’assistente digitale è in grado di svolgere particolari azioni, come inviare messaggi ad altre persone (tramite sms o sistemi di messaggistica), pubblicare contenuti sui social o effettuare acquisti online, si può decidere di disattivare tali funzioni; inserire, laddove possibile, una password per autorizzare l’uso solo su specifica richiesta dell’utente.
  5. Valutare se disattivare alcune funzioni di controllo domotico e inserire apposite password per controllare l’attivazione o disattivazione dei sistemi, in modo da poter utilizzare lo smart assistant con maggiore sicurezza. Si pensi, ad esempio, al rischio eventuale che la voce dell’utente venga in qualche modo captata e clonata da malintenzionati e utilizzata per controllare elettrodomestici o ingressi o sistemi di protezione della casa, oppure per “spiare” l’interno dell’abitazione utilizzando microfoni e videocamere.
  6. Cancellare periodicamente la cronologia delle informazioni registrate
  7.  Se dai via lo smart assistant, non dare via i tuoi dati.