Economia

Fmi: allentamento finanziario incoraggia rischi sui mercati

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Le condizioni finanziarie estremamente favorevoli, che perdurano da anni sui mercati globali, stanno creando crescenti rischi in diversi settori, amplificando quello che sarà l’impatto di un eventuale choc finanziario in futuro.
Non è un argomento nuovo, ma a farsene portavoce, questa volta, è il Fondo monetario internazionale con un approfondimento firmato da Tobias Adrian e Fabio Natalucci rispettivamente director e vice-director del Monetary and Capital Markets Department del Fmi.

“Le condizioni finanziarie sono si ulteriormente allentate, dando un contributo per contenere i rischi al ribasso e a sostenere l’economia globale a breve termine”, esordiscono gli autori, “ma le condizioni finanziarie ammorbidite hanno un costo: incoraggiano gli investitori a correre più rischi nella ricerca di rendimenti più elevati, quindi rimangono elevati a medio termine i rischi per la stabilità finanziaria e la crescita”.

Il Fmi descrive l’attuale “dilemma” di fronte al quale si trovano i decisori politici. “Da un lato, potrebbero voler mantenere facili le condizioni finanziarie per contrastare un deterioramento delle prospettive economiche. D’altra parte, devono proteggersi da un ulteriore accumulo di vulnerabilità”.

Gli ultimi provvedimenti in materia monetaria della Bce indurrebbero a pensare che, per il momento, in Europa sia prevalsa l’esigenza di scongiurare la stagnazione economica.
In verità, il consenso è tutt’altro che unanime: a mettere l’accento sui rischi incoraggiati dall’allentamento monetario sono stati, recentemente, sei ex colleghi di Mario Draghi, che ne hanno biasimato le scelte in modo non troppo velato.

Dove sono concentrati i rischi maggiori?

Secondo i due analisti del Fmi le debolezze più evidenti si trovano fra le istituzioni finanziarie non bancarie e fra le società non finanziarie.
Se nel primo caso i rischi avrebbero raggiunto gli stessi livelli del pre-2008, nel secondo ci si troverebbe addirittura oltre tale soglia. Seguono nell’ordine di rischio le assicurazioni, e successivamente, sullo stesso livello, gli stati, le banche e le famiglie.

Gli autori, nelle proprie simulazioni, hanno studiato “l’impatto potenziale di un rallentamento economico pari alla metà di quello sperimentato nella crisi finanziaria globale del 2007-08”.

Queste le conclusioni: “Il debito dovuto da imprese incapaci di coprire le spese per interessi con gli utili, che chiamiamo debito-aziendale-a-rischio, potrebbe salire a 19mila miliardi di dollari”, pari quasi al “40% del debito societario totale nelle economie osservate, tra cui Stati Uniti, Cina e alcune economie europee”.
In particolare, “tra le istituzioni finanziarie non bancarie, le vulnerabilità sono aumentate dallo scorso aprile e sono ora aumentate nell’80% delle economie… a un livello simile visto nella crisi finanziaria globale”.