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Alert S&P su Fiat, implicazioni negative su rating da Chrysler

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New York – L’acquisto della quota rimanente in Chrysler, tutto in una volta, “avrebbe uno sviluppo negativo che potrebbe avere implicazioni negative sul rating” di Fiat. E’ quanto ha detto Eric Tanguy, direttore della divisione di Corporate Rating di Standard & Poor’s, stando a quanto riporta Bloomberg. Vale la pena chiedersi: la società Usa è stata un buon investimento o peggiorerà a lungo andare le condizioni del Lingotto? La strategia di Sergio Marchionne, che ha dimenticato l’Europa e l’Italia, gli si ritorcerà contro?

Tanguy ha affermato che “un approccio graduale” nell’operazione di acquisto è incorporata al momento nell’ “attuale valutazione” del rating e che Fiat comunque non ha bisogno di vendere i suoi asset per acquistare la quota visto che “dispone di 10 miliardi di euro nel proprio bilancio”.

Fiat, che al momento detiene una partecipazione del 58,5% di Chrysler, ha riferito a luglio di aver esercitato la propria opzione per acquistare una quota aggiuntiva del 3%.

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Giuseppe Vegas non ha atteso la risposta alla 19esima lettera di richiesta informazioni spedita a Torino e ha deciso di andare fino in fondo: la Consob chiederà lumi alla Fiat sulla liquidità che ha in cassa e sul suo utilizzo e per farlo arriverà fin dentro i conti correnti della casa automobilistica.

Una scelta forte che, secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza da fonti autorevoli, è la logica conseguenza di un braccio di ferro tra un’istituzione e la più grande azienda italiana che dura da oltre un anno. E che, Tuf (Testo unico della finanza) alla mano nel suo articolo 115, non poteva che finire così dopo le numerose schermaglie tra l’azienda e i vigilantes di borsa, che dal 2010 cercano di capire qualcosa di più degli intenti del Lingotto sull’ormai defunto progetto di Fabbrica Italia.

La norma in questione stabilisce che «la Consob, al fine di vigilare sulla correttezza delle informazioni fornite al pubblico può, anche in via generale, richiedere agli emittenti quotati, agli emittenti quotati aventi l’Italia come Stato membro d’origine, ai soggetti che li controllano e alle società dagli stessi controllate, la comunicazione di notizie e documenti, fissandone le relative modalità».

Tra i documenti che può richiedere rientrano anche le linee di credito e, nel caso, le disponibilità sui conti correnti, quello che starebbe accadendo per Fiat. Ma non si tratta di una dichiarazione di guerra né di uno step intermedio verso un nuovo faccia a faccia con il governo (ieri la Commissione si è trincerata dietro un «no comment» alla domanda di questo giornale di conoscere qualche particolare in più su tale richiesta di informazioni): è la prassi, dicono gli addetti ai lavori, seguita in tutti i casi importanti.

Molto meno di prassi è stata però la giornata in borsa del titolo Fiat, che ieri, sulla spinta di indiscrezioni rilanciate da Il Messaggero, ha chiuso con un calo del 4,16%. L’azione ha infatti pagato le notizie di stampa, secondo le quali la Consob avrebbe acceso un faro per verificare la reale consistenza della liquidità, 22,7 miliardi al 30 giugno di quest’anno, dichiarata nei bilanci del gruppo torinese, quando invece, come spiegato sopra, si tratta di una procedura normale.

Al di là della normalità o meno delle decisioni dell’organo di vigilanza, la Fiat ha subito precisato con una nota ufficiale che, «come le altre società quotate, riceve abitualmente richieste di informazioni da Consob su varie materie (inclusa la liquidità) a cui risponde regolarmente, ma non è al corrente di alcuna indagine nei termini riferiti dall’articolista».

Gli uomini dell’ad Sergio Marchionne hanno inoltre sottolineato che «qualsiasi insinuazione circa il fatto che Fiat non disporrebbe della liquidità dichiarata nella propria comunicazione finanziaria periodica è falsa e come tale sarà trattata da Fiat». Insomma il Lingotto in modo molto perentorio ha voluto precisare che le attività in corso della Commissione di borsa rientrano nel novero delle normali attività di controllo, circostanza che peraltro non viene negata dagli stessi controllori.

Troppo poco, però, per sedare le polemiche. Che la casa automobilistica, sempre più americana, sia ormai nel mirino dei vari palazzi romani per le sue scelte strategiche non sorprende più di tanto. MF-Milano Finanza ha infatti rivelato da tempo che il governo aveva intenzione di verificare la qualità della liquidità dichiarata dal Lingotto nei bilanci (vedere articoli del 21 e 22 settembre), mentre il ministro dello Sviluppo, Corrado Passera, i cui uomini torneranno a incontrarsi con quelli di Marchionne per fare il punto sulle scelte industriali entro il 15 ottobre, ha già pronta una lettera di messa in mora indirizzata proprio ai vertici di Torino.

Insomma uno scenario incandescente, che è stato smorzato molto poco dall’incontro di due settimane fa a Palazzo Chigi tra l’esecutivo e il presidente di Fiat John Elkann e l’amministratore delegato Sergio Marchionne. Per l’esecutivo è fondamentale capire che cosa intende fare la Fiat dei suoi quattro stabilimenti e a questo serve la missiva messa a punto da Passera, che lamenta il fatto che nel primo incontro del tavolo tra ministero dello Sviluppo e Lingotto, i rappresentanti del gruppo avrebbero avanzato proposte generiche e non realizzabili dal governo italiano. Per la Consob, invece, è importante capire se Fiat ha dato tutte le informazioni necessarie al mercato. (da Milano Finanza)