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Africa e la rivolta contro il dollaro

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New York – Dal prossimo anno in Angola le società petrolifere e gas saranno obbligate a pagare tasse e contratti stipulati in loco in valuta locale, il kwanza. Il Mozambico ordinerà alle società di convertire almeno la metà dei proventi da esportazioni in meticais, nel tentativo di stimolare maggiormente i consumi interni. Simili contromisure in Ghana, dopo che il cedi ha perso oltre -17% contro il dollaro solo nei primi sei mesi del 2012. Ma la decisione più dura forse arriva dallo Zambia. La banca centrale ha proibito transazioni denominate in dollari, e chiunque paghi o chieda di essere pagato in valuta estera rischia di finire in prigione per un massimo di 10 anni.

L’obiettivo è comune. Rafforzare valute che altrimenti sarebbero poco utilizzate e cercare di attrarre maggiori capitali in mercati finanziari che altrimenti rimarrebbero isolati. Ma per le società che dovranno adattarsi al cambiamento il compito non sembra così semplice, spesso società minerarie e di estrazione abituate ad utilizzare dollari Usa per le loro attività all’estero.

“Ci sarà un periodo di assestamento”, spiega Mike Keenan, analista valute africane per Absa Capital, sussidiaria africana di Barclays. “Ma ad oggi nello sfruttare le materie prime africane, i ricavi (in dollari) non sono mai stati tanto utilizzati e/o investiti nel paese. Le autorità stanno cercando di trattenerne una maggior parte”.

Almeno in Zambia le misure sembrano funzionare, con la maggiore domanda di kwacha che lo scorso mese ha portato la divisa sui massimi da un anno contro il biglietto verde.