Economia

Pop Vicenza: Zonin, il banchiere dei servizi segreti

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Un intreccio particolare vede coinvolto Gianni Zonin ex della Popolare di Vicenza e i servizi segreti. Il tutto prende le mosse da Banca nuova, l’istituto che fino al 2014 custodiva proprio i conti bancari dei servizi segreti italiani insieme a larga parte dei soldi gestiti dalla presidenza del Consiglio dei ministri. E Banca nuova è del gruppo Popolare di Vicenza, una delle due banche venete finite sull’orlo del crac con un buco da oltre 6 miliardi di euro e i risparmi azzerati di 120.000 soci, per la passata mala gestio riconducibile ad un solo uomo, imprenditore viticolo Gianni Zonin.

Mentre si fanno i nomi dei 100 debitori della banca vicentina, come scrive La Verità, i governi avevano un rapporto stretto con Gianni Zonin e la sua banca sicula, che oggi ha un centinaio di sportelli tra Sicilia e Calabria, quella che l’ex presidente della Popolare vicentina “più aveva nel cuore perché la considerava la sua creatura e la vera origine del proprio potere”.

Come rende noto il quotidiano che afferma di aver preso visione dei conti della Banca nuova,  i movimenti sui conti dei servizi segreti come di Palazzo Chigi, sono per lo più riguardanti stipendi, rimborsi spese, giroconti con i fondi annuali destinati a servizi, acquisti o leasing di automobili e motociclette, acquisti di orologi preziosi, ecc. Nessuna consulenza esterna o informazioni ma c’è un dato che emerge e riguarda il peso politico della banca e del suo deus ex machina, Zonin.

“Banca nuova ha una raccolta totale intorno ai 3,5 miliardi di euro e di questi oltre 1 miliardo arriva dai servizi di tesoreria. È un sintomo del suo peso «politico». Le informazioni sui movimenti finanziari dei servizi sono dati sensibili e questo forse spiega perché il governo ha preferito tenere a tutti i costi in mani italiane la Bpvi, «venduta» per un euro a Banca Intesa insieme con Veneto Banca. A quanto risulta, i conti del governo e dei servizi sono stati chiusi nel 2014. Se così fosse, è interessante notare che i governi Berlusconi, Monti e Letta junior sono rimasti fedeli clienti di Zonin, mentre è stato Matteo Renzi a recidere i cordoni (..) È probabile, e anche augurabile visto che qui si parla di intelligence, che a Palazzo Chigi già nel 2014 qualcuno avesse sentito puzza di bruciato, anche perché un generale ha visto sfumare 300.000 euro di risparmi personali investiti alla Vicenza. Così, i soldi hanno preso destinazioni più sicure (…) mentre Zonin indagato per aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza, fa liberamente la spola tra gli Stati Uniti e l’Italia e nessuna Procura gli ha sequestrato un centesimo”.