Economia

Panama Papers: i documenti della maxi tangente pagata da Eni

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MILANO (WSI) – E’ già ribattezzata come la più grande mazzetta della storia e a svelarla sono le carte dello studio legale Mossack Fonseca, i famosi Panama Papers e vede protagonista l’Eni. Il colosso italiano avrebbe pagato tra il 2007  e il 2011 un miliardo e mezzo di dollari a varie società offshore, controllate da familiari, tesorieri e faccendieri di due politici di spicco in Algeria e Nigeria per alcuni lavori nei due paesi africani.

A rivelarlo l’Espresso che in collaborazione con il network americano International Consortium of Investigative Journalists, avrebbe rintracciato 12 delle 17 offshore panamensi al centro dello scandalo Saipem-Sonatrach in cui principale attore è Farid Bedjaoui, nipote di un ex ministro degli Esteri algerino, che avrebbe avuto il compito di ripulire i soldi ricevuti per contratti per la costruzione di gasdotti e impianti per il metano. Uno scandalo rivelato da un’indagine ancora in corso del tribunale di Milano in base  a cui la Saipem, oggi posseduta dalla cassa Depositi e Prestiti, avrebbe sborsato 400 milioni di dollari e oltre per appalti in Algeria mentre l’Eni più di 1 miliardo per il giacimento petrolifero nigeriano “OLP 45”.

Ora i Panama Papers mettono in luce altro, ossia i rapporti diretti con tre offshore registrate a Panama.

“Collingdale Consultants Inc, Carnelian Group Inc, e Parkford Consulting Inc, beneficiate di milioni di dollari provenienti da vari conti di Bedjaoui. Società di cui a volte risulta essere azionista Khaldoun Khelil, figlio dell’ex ministro algerino dell’Energia Chakib Khelil, e a volte procuratrice Najat Arafat, moglie dello stesso Chakib Khelil (…) E’ esattamente di un miliardo e 92 milioni di dollari la presunta tangente che porta all’accordo sull’investimento nigeriano OPL 245, firmato dall’Eni e dall’allora presidente Goodluck Jonathan. La cifra vola su un conto bancario a Londra, per essere poi frazionata in vari tronconi. Il grosso, pari a 801 milioni di dollari, nel 2011 arriva alla Malabu Oil & Gas Ltd, un’offshore che copre Dan Etete, ex ministro del petrolio di Lagos. In seguito, tra il 23 agosto e il 6 settembre di quell’anno, la Malabu riversa 523 milioni a tre offshore, tutte riconducibili, secondo l’accusa, ad Abubakar Aluyo, un politico nigeriano vicino all’ex presidente Jonathan. Soldi comunque poi prelevati in contanti, che non hanno lasciato tracce”.

Viene così alla luce una maxi-tangente africana, venti volte più grande della storico mazzetta Enimont scoperta dai magistrati di Mani Pulite nel 1993-1994.