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Bannon: “Con la Cina è guerra commerciale”

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Il resoconto di una conversazione telefonica fra Steve Bannon, capo strategist di Donald Trump, e la testata liberal The American Prospect ha gettato nuova luce sul dietro le quinte della macchina politica della Casa Bianca. “C’è un combattimento ogni giorno qui”, in particolare, suggerisce il fondatore del giornale conservatore Breitbart, sul campo della politica commerciale da adottare nei confronti della Cina. Con il Dragone “siamo alla guerra economica”, ha detto Bannon in questa conversazione che presumibilmente non doveva rimanere riservata, secondo l’autore Robert Kuttner, al quale non è stato richiesto di tenerla off the record. Il conflitto economico con l’America “sta in tutta la loro letteratura [della Cina, Ndr.]. Non sono timidi nel dire quello che stanno facendo”. Poi, lo strategist di Trump offre l’ordine di idee in cui ragionare: “Uno di noi sarà egemone fra 25-30 anni e saranno loro se andiamo avanti di questo passo”.
In questa rivalità fra Cina e Stati Uniti si inserisce anche la questione della Corea del Nord, che può contare sulla sua (unica) alleanza proprio con il Paese guidato da Xi Jinping. Una prima rassicurazione da parte di Bannon arriva sul fronte dell’opzione militare, che “non esiste” almeno “finché qualcuno non risolverà la parte dell’equazione che mostra come 10 milioni di persone a Seul possano non morire nel giro di 30 minuti per mezzo delle armi convenzionali” lanciate dal regime del Nord. Secondo lo stratega del presidente Usa, che aveva più volte minacciato l’utilizzo della forza contro Kim Jong-un, l’unico Paese che potrebbe in qualche modo contenere l’espansione nucleare della Corea del Nord sarebbe proprio la Cina, attraverso un patto fra i due Paesi che, però, sembra scritto soltanto nel libro delle fantasie politiche. Secondo Bannon, la morbidezza di Pechino nei confronti di Kim potrebbe giustificare ampiamente “forti sanzioni commerciali contro la Cina”, riporta Kuttner, citando misure contro il dumping cinese su acciaio e alluminio.

Ma dalle parti di Washigton, racconta il chief strategist di Trump, evocare questa soluzione produce fortissimi contrasti: a remare contro la linea dura verso il Dragone sarebbero “il Tesoro, Gary Cohn [presidente del Consiglio economico nazionale] e il lobbying di Goldman Sachs”.
Lo scopo espressamente rivelato da Bannon è quello di favorire l’ingresso nel policy making americano di “falchi” contro le “colombe” della politica commerciale. Resta il dubbio sull’apparente ingenuità dello strategist nel mettere allo scoperto questi contrasti interni, che rischiano di generare ulteriori dissapori all’interno dello staff governativo.